Dai laboratori di Milano e Roma, le terapie CAR-T aprono nuove speranze contro i tumori solidi. Un’eccellenza scientifica che sta cambiando la storia dell’oncologia
Nel laboratorio del quarto piano dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, la dottoressa Monica Casucci osserva al microscopio qualcosa che fino a pochi anni fa sembrava fantascienza: cellule del sistema immunitario trasformate in armi di precisione contro il cancro. Non farmaci tradizionali, ma “farmaci viventi” capaci di riconoscere, inseguire e distruggere le cellule tumorali come missili teleguidati biologici.
È la frontiera delle terapie CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell), e l’Italia sta scrivendo alcuni dei capitoli più importanti di questa rivoluzione scientifica. Mentre il mondo della ricerca oncologica celebrava successi strabilianti contro leucemie e linfomi, i centri italiani hanno fatto ciò che sembrava impossibile: adattare queste terapie ai tumori solidi, quelli che costituiscono la stragrande maggioranza dei casi di cancro e che, fino a oggi, si erano dimostrati una fortezza inespugnabile.
La sfida dei tumori solidi
Per comprendere la portata di questa conquista scientifica, occorre fare un passo indietro. Le terapie CAR-T funzionano prelevando i linfociti T dal sangue del paziente, modificandoli geneticamente in laboratorio affinché esprimano un recettore chimerico capace di riconoscere specifici antigeni tumorali, e reinfondendoli nel paziente. Una volta tornate in circolo, queste cellule “riprogrammate” cacciano e attaccano il tumore come un esercito altamente specializzato.
Contro i tumori del sangue – leucemie e linfomi – i risultati sono stati spettacolari, con tassi di remissione completa che superano il 60-80% in pazienti che avevano esaurito ogni altra opzione terapeutica. Ma i tumori solidi – quelli che formano masse in organi come polmoni, colon, pancreas, cervello – hanno opposto una resistenza feroce.
“I tumori solidi creano intorno a loro una sorta di barricata difensiva che impedisce alle normali CAR-T di colpirli al cuore”, spiega il dottor Massimiliano Petrini, Responsabile della Cell Factory dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori di Meldola. Il problema è duplice: da un lato, la mancanza di antigeni davvero specifici del tumore (rischiando di colpire anche tessuti sani); dall’altro, il microambiente tumorale ostile che soffoca l’azione delle cellule modificate.
Eppure, i ricercatori italiani non si sono arresi.
Il miracolo di Roma: quando i bambini tornano a sperare
La prima grande vittoria italiana arriva dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il professor Franco Locatelli, coordinatore dell’area di ricerca oncologica, ha guidato uno studio che ha fatto storia: la prima sperimentazione internazionale di CAR-T contro un tumore solido con risultati così incoraggianti su una casistica così ampia.
Il nemico in questo caso è il neuroblastoma, il tumore solido più comune nei bambini, che origina da cellule nervose immature. Se il tumore si ripresenta dopo i trattamenti convenzionali, il tasso di sopravvivenza a tre anni crolla sotto il 10%. Una sentenza di morte, fino a ieri.
Tra il 2018 e il 2021, ventisette bambini e giovani adulti (età 1-25 anni) da tutta Italia, già sottoposti a numerosi cicli di chemioterapia senza successo, sono stati arruolati nello studio. Ai loro linfociti T è stato aggiunto un recettore di terza generazione, denominato GD2-CART01, progettato per riconoscere il GD2, una molecola espressa abbondantemente sulle cellule di neuroblastoma.
I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno superato ogni aspettativa: risposta al trattamento nel 63% dei pazienti, metà dei quali in remissione completa. La probabilità di sopravvivenza a tre anni è salita al 60%, e le cellule CAR-T hanno dimostrato di persistere nell’organismo fino a 2-3 anni, continuando a sorvegliare e attaccare eventuali residui tumorali.
“Ogni mattina, quando arrivo in ospedale, penso a quei ventisette ragazzi”, confida Locatelli. “Alcuni di loro oggi vanno a scuola, giocano a calcio, progettano il loro futuro. Erano stati dichiarati incurabili. Oggi sono vivi grazie a cellule che abbiamo riprogrammato qui, nel nostro laboratorio”.
Il protocollo è già stato approvato per estendersi ai tumori cerebrali pediatrici che esprimono lo stesso bersaglio molecolare GD2, e sono in corso contatti con centri europei per replicare la sperimentazione.
Milano colpisce il colon-retto: la caderina-17 nel mirino
Se Roma ha conquistato il neuroblastoma, Milano punta a una preda ancora più insidiosa: le metastasi epatiche da tumore del colon-retto, la prima causa di morte nei pazienti con questa patologia.
Il team guidato dalla dottoressa Monica Casucci al San Raffaele ha pubblicato su Science Translational Medicine, nel maggio 2025, uno studio che potrebbe cambiare le carte in tavola. I ricercatori hanno sviluppato cellule CAR-T ingegnerizzate per riconoscere la Caderina-17 (CDH17), una proteina presente in grandi quantità sulle cellule tumorali del colon ma non accessibile nei tessuti sani.
“Ci siamo chiesti: esiste un bersaglio adatto per sviluppare una terapia CAR-T efficace e sicura?”, racconta Casucci. La risposta è arrivata dopo anni di screening molecolare: CDH17 è espressa massicciamente dalle cellule metastatiche, ma nei tessuti sani è “nascosta” all’interno delle cellule, inaccessibile ai recettori CAR.
Gli esperimenti su modelli preclinici hanno dimostrato che le CAR-T anti-CDH17 bloccano efficacemente la crescita del tumore senza danneggiare i tessuti normali. Testate anche su tessuti derivati da pazienti reali, hanno attaccato selettivamente le cellule cancerose risparmiando quelle sane.
Lo studio è parte di un ambizioso programma di ricerca 5xmille finanziato da Fondazione AIRC, iniziato sei anni fa e che coinvolge 17 gruppi di ricerca dell’Università Vita-Salute e dell’Ospedale San Raffaele, con l’obiettivo di sviluppare terapie avanzate contro metastasi epatiche da tumori del colon-retto e del pancreas.
“Siamo a un passo dagli studi clinici sull’uomo”, afferma la professoressa Chiara Bonini, coordinatrice del programma e ordinario di Ematologia all’Università Vita-Salute San Raffaele. “Trasformare risultati di laboratorio in cure tangibili: è per questo che facciamo ricerca”.
L’altro fronte: rendere i tumori “visibili”
Ma c’è anche un’altra strategia italiana per aggirare le difese dei tumori solidi. Un team di ricercatori dell’IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare), dell’Università di Torino e dell’Università di Milano, in collaborazione con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, l’Ospedale San Raffaele e l’Istituto di Candiolo, ha individuato un modo per rendere i tumori del colon-retto sensibili all’immunoterapia.
Il problema di partenza è drammatico: oltre il 95% dei tumori del colon-retto metastatici non risponde all’immunoterapia perché è praticamente invisibile al sistema immunitario. La soluzione, pubblicata sulla rivista Cancer Cell nel giugno 2025, è elegante quanto controintuitiva: combinando due chemioterapici specifici, i ricercatori sono riusciti a “svegliare” il sistema immunitario, rendendo il tumore finalmente riconoscibile e attaccabile.
Non si tratta di CAR-T, ma di un approccio complementare che potrebbe aprire le porte dell’immunoterapia a migliaia di pazienti oggi esclusi da questi trattamenti rivoluzionari.
Macrofagi armati: l’arma segreta di Telethon
C’è poi una terza strada, ancora più innovativa. Il gruppo coordinato dall’Istituto Telethon per la terapia genica (Tiget) del San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Università del Queensland in Australia, ha trasformato le cellule che i tumori normalmente corrompono in efficaci corrieri di “bombe” antitumorali.
Il team è intervenuto sulle staminali ematopoietiche (da cui hanno origine tutte le cellule del sangue) in modo che i macrofagi che ne derivano producano interferone alpha esattamente dove si sta sviluppando un tumore. L’interferone alpha è una molecola prodotta normalmente dal nostro organismo in risposta a infezioni, capace anche di una potente attività antitumorale.
È un approccio radicalmente diverso dalle CAR-T: invece di armare i linfociti T, si armano i macrofagi, le cellule “spazzino” del sistema immunitario che i tumori solitamente riescono a corrompere trasformandole in alleati. Ora, grazie all’ingegneria genetica, questi potenziali traditori diventano agenti infiltrati che rilasciano armi letali nel cuore della massa tumorale.
I numeri della speranza: la mortalità cala
Questi progressi scientifici si traducono in numeri concreti. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con l’Università di Bologna e pubblicato sulla rivista Annals of Oncology nel 2025 stima una diminuzione del 3,5% dei tassi di mortalità per tutti i tumori nell’Unione Europea tra il 2020 e il 2025.
Per il tumore della mammella, il più comune nelle donne, si prevede una diminuzione del 3,6% dei tassi di mortalità a livello europeo e dello 0,8% in Italia. Dal 1989 al 2025, si stima che siano stati evitati 373.000 decessi per tumore della mammella nell’UE, il 25-30% dei quali grazie a diagnosi precoce e screening.
“La maggior parte delle vite salvate è dovuta al miglioramento delle terapie”, spiega il professor Carlo La Vecchia, coordinatore dello studio e docente di statistica medica ed epidemiologia all’Università Statale di Milano. “Le nuove immunoterapie, le terapie a bersaglio molecolare, le CAR-T stanno rivoluzionando l’oncologia. Ma serve un accesso equo: tutte le pazienti devono poter raggiungere centri capaci di offrire queste cure innovative”.
La strada verso la cura: ostacoli e speranze
Nonostante gli straordinari progressi, la strada verso la sconfitta definitiva del cancro resta lunga e irta di ostacoli. Le CAR-T approvate in Europa sono attualmente sei, tutte per tumori del sangue, più una settima autorizzata negli Stati Uniti. Per i tumori solidi, siamo ancora nella fase delle sperimentazioni cliniche.
I problemi da risolvere sono molteplici. Innanzitutto, la complessità e il costo della produzione: ogni terapia CAR-T è personalizzata, richiede settimane di lavorazione in laboratori altamente specializzati, e costa centinaia di migliaia di euro. Servono centri autorizzati dall’AIFA alla produzione e somministrazione di terapie avanzate, come l’Immuno-Gene Therapy Factory dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” di Meldola, il primo in Emilia-Romagna.
Poi ci sono gli effetti collaterali, che possono essere severi: la sindrome da rilascio citochinico (una tempesta infiammatoria che può essere pericolosa) e la neurotossicità sono rischi concreti che richiedono monitoraggio intensivo e team medici esperti.
Infine, c’è la questione dell’accesso equo. Non tutti i centri oncologici italiani possono offrire queste terapie. Le disparità regionali rischiano di creare pazienti di serie A e di serie B, dove la probabilità di sopravvivenza dipende dal codice postale.
Il futuro è adesso
Eppure, nonostante le sfide, il futuro dell’oncologia si sta scrivendo proprio ora, nei laboratori italiani. Come ha affermato Michel Sadelain, uno dei pionieri delle CAR-T, “il 2025 delle CAR-T assomiglia all’esplosione del Cambriano”, quel momento cruciale nell’evoluzione della vita sulla Terra in cui la diversità biologica esplose in forme sempre più complesse.
Oltre ai tumori del sangue, nel mirino ci sono i tumori solidi, le malattie autoimmuni e persino alcune infezioni severe. I risultati su pazienti con lupus eritematoso sistemico hanno aperto scenari impensabili. Le CAR-T non sono più “solo” una cura per il cancro: stanno diventando una piattaforma tecnologica versatile per riprogrammare il sistema immunitario.
All’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, lo studio UNICORN – attivo in 15 centri italiani – sta sperimentando l’immunoterapia nelle fasi più precoci del tumore del colon-retto. “L’Italia può guidare la sperimentazione clinica internazionale, introducendo terapie innovative prima che il tumore diventi inarrestabile”, afferma la dottoressa Margherita Ambrosini, premiata dalla Fondazione Carlo Erba per i suoi studi innovativi.
Nel frattempo, al Bambino Gesù stanno già preparando il protocollo per estendere le CAR-T ai tumori cerebrali pediatrici. Al San Raffaele, il programma di ricerca 5xmille ha selezionato i cinque trattamenti più promettenti, tre dei quali sono terapie CAR-T, pronti per passare dal laboratorio alla clinica.
Una rivoluzione made in Italy
Mentre scrivo queste righe, in qualche laboratorio italiano un ricercatore sta osservando al microscopio cellule modificate che un giorno potrebbero salvare vite. Forse sta testando una nuova combinazione di recettori chimerici. Forse sta cercando un modo per rendere le CAR-T ancora più persistenti, ancora più letali contro il cancro, ancora più sicure per i pazienti.
È una rivoluzione silenziosa, fatta di pipette e provette, di notti insonni e fallimenti ripetuti, di piccoli passi avanti e grandi balzi di conoscenza. Una rivoluzione che non fa rumore sui giornali, che non genera titoli sensazionalistici, ma che sta letteralmente salvando vite.
I ventisette bambini del Bambino Gesù lo sanno. Le loro famiglie lo sanno. E tra qualche anno, quando queste terapie saranno diventate standard di cura, lo sapranno migliaia di pazienti che oggi non hanno alternative.
Il cancro è ancora una delle principali cause di morte nel mondo. Ma grazie al lavoro di ricercatori italiani come Locatelli, Casucci, Bonini e decine di altri scienziati che lavorano nell’ombra dei laboratori, questa malattia sta diventando sempre più curabile, sempre meno una sentenza di morte, sempre più una battaglia che possiamo vincere.
Le cellule sono diventate farmaci viventi. E l’Italia è in prima linea in questa rivoluzione.
NOTE E RIFERIMENTI SCIENTIFICI
[1] Terapie CAR-T per neuroblastoma:
- Studio pubblicato: New England Journal of Medicine, 2023
- Istituzione: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
- Coordinatore: Prof. Franco Locatelli
- Fonte web: https://www.nature.com/articles/d43978-023-00061-4
[2] Terapia CAR-T per metastasi epatiche colon-retto:
- Studio pubblicato: Science Translational Medicine, maggio 2025
- Istituzione: IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano
- Coordinatrice: Dott.ssa Monica Casucci
- Fonte web: https://www.hsr.it/news/2025/maggio/nuova-terapia-car-t-metastasi-epatiche-tumore-colon-retto
[3] Strategia immunoterapia colon-retto:
- Studio pubblicato: Cancer Cell, giugno 2025
- Istituzioni: IFOM, Università Torino/Milano, San Raffaele, Memorial Sloan Kettering, Candiolo
- Fonte web: https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/focus_tumore/2025/06/23/strategia-rende-tumori-colon-retto-sensibili-a-immunoterapia_6b5d2da0-3ba5-4dac-aaf7-c435949af797.html
[4] Macrofagi ingegnerizzati:
- Istituzione: Istituto Telethon San Raffaele (Tiget), Milano + Università Queensland
- Fonte web: https://www.aifa.gov.it/-/sviluppata-in-italia-nuova-arma-contro-il-cancro
[5] Previsioni mortalità tumori 2025:
- Studio pubblicato: Annals of Oncology, 2025
- Istituzioni: Università Statale Milano + Università Bologna
- Coordinatore: Prof. Carlo La Vecchia
- Fonte web: https://www.airc.it/area-stampa/tumori-per-il-2025-si-stima-una-diminuzione-dei-tassi-di-mortalita
[6] CAR-T state of the art:
- Fonte: Osservatorio Terapie Avanzate
- Web: https://www.osservatorioterapieavanzate.it/
[7] Studio UNICORN (Istituto Tumori Milano):
- Focus: Immunoterapia tumore colon-retto
- Ricercatrice: Dott.ssa Margherita Ambrosini
- Fonte web: https://www.ilgiorno.it/salute/tumore-colon-retto
[8] AIFA autorizzazioni terapie avanzate:
- Immuno-Gene Therapy Factory, IRST Meldola (primo centro Emilia-Romagna)
- Fonte: https://www.osservatorioterapieavanzate.it/
[9] Programma 5xmille AIRC San Raffaele:
- Durata: 6 anni (2019-2025)
- Gruppi coinvolti: 17
- Coordinatrice: Prof.ssa Chiara Bonini
- Focus: Metastasi epatiche da colon-retto e pancreas
GLOSSARIO
CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell): Terapia cellulare che prevede la modifica genetica dei linfociti T del paziente per renderli capaci di riconoscere e attaccare le cellule tumorali.
Linfociti T: Cellule del sistema immunitario responsabili di riconoscere ed eliminare cellule infette o anomale.
Antigene: Molecola presente sulla superficie delle cellule che può essere riconosciuta dal sistema immunitario.
Recettore chimerico: Recettore artificiale creato in laboratorio che combina la specificità di riconoscimento di un anticorpo con la capacità di attivazione di un linfocita T.
Immunoterapia: Strategia terapeutica che potenzia il sistema immunitario del paziente per combattere il cancro.
Tumori ematologici: Tumori del sangue (leucemie, linfomi, mielomi).
Tumori solidi: Tumori che formano masse in organi (polmone, colon, pancreas, cervello, etc.).
Microambiente tumorale: L’insieme di cellule, vasi sanguigni e molecole che circondano il tumore e possono proteggerlo dal sistema immunitario.
Remissione completa: Scomparsa di tutti i segni di malattia rilevabili con gli esami diagnostici.
Neuroblastoma: Tumore solido più comune nei bambini, che origina da cellule nervose immature.
Macrofagi: Cellule del sistema immunitario che fagocitano (inglobano) e distruggono patogeni e cellule anomale.
Staminali ematopoietiche: Cellule staminali del midollo osseo da cui originano tutte le cellule del sangue.
Interferone alpha: Molecola prodotta dal sistema immunitario con attività antivirale e antitumorale.
Caderina-17 (CDH17): Proteina di adesione cellulare espressa dalle cellule del colon-retto.