Cantele, emigrazione al contrario
Erano gli anni Cinquanta quando Giovan Battista Cantele e sua moglie Teresa si trasferirono con l’intera famiglia da Imola al Salento. Un amore per queste terre trasmesso ai figli Augusto e Domenico, sono questi ultimi che, vent’anni dopo, danno una spinta decisiva all’azienda piantando i primi degli attuali 50 ettari di proprietà. Oggi gestiti dalla terza generazione, costituita dai quattro nipoti che hanno portato Cantele ad essere una delle più importanti aziende vinicole della Puglia. Con uno sguardo sempre attento alla salvaguardia ambientale e all’intero ciclo produttivo, basato su un utilizzo efficiente delle risorse ed un contenimento degli sprechi.
Inversione termica e lieviti poco impattanti, linee guida
“Utilizzo lieviti selezionati, escludendo quei lieviti che risultino essere fortemente impattanti a livello aromatico – spiega Gianni Cantele, uno degli attuali proprietari di Cantele – Preferisco lavorare sulla inversione termica durante la fermentazione, così da portare i lieviti ad una fermentazione prematura alla temperatura di circa 18° per poi portarli a 12°-13°ce così tenerli per un paio di giorni. L’effetto che ne deriva è la formazione di aromi iolici che danno una maggiore complessità al vino” A contraddistinguere la produzione, i rosati che sono sempre stati una peculiarità dell’azienda. Tra questi, il Negroamaro Rosato Rohesia risulta essere uno dei vini più rappresentativi e amati dell’azienda salentina.
Tra tradizione e innovazione
“Il Negroamaro è certamente il vitigno per noi più identitario, è la varietà che probabilmente meglio si presta alla vinificazione in rosato – sostiene Gianni Cantele – Lavorando direttamente in pressa e procedendo con una lunga macerazione delle bucce a contatto con il mosto, siamo arrivati a definire una colorazione più decisa” Ma non solo per una appartenenza territoriale, del quale il Negroamaro è espressione. In una sorta di trait d’union che collega tradizione e innovazione, le bottiglie di Negroamaro Rosato Rohesia di Cantele introducono una piccola rivoluzione.
Tappo a vite, una scelta che guarda al futuro
A 10 anni dalla sua nascita, il Negroamaro Rosato Rohesia è infatti il primo vino dell’azienda ad adottare la chiusura con ìl tappo a vite. Una scelta che ha preso forma con l’avvio cinque anni fa del progetto di ristrutturazione dell’impianto di imbottigliamento e l’adozione di un sistema di chiusura alternativo, concretizzatosi con l’introduzione del tappo VinTop. “E’ una scelta che guarda al futuro, nonostante la tradizionale diffidenza del consumatore italiano verso questa tecnologia – spiega Gianni Cantele – Siamo convinti che innovazione e qualità vadano di pari passo, il Rohesia 2024 ne è la dimostrazione” Con una decisa virata verso una sempre maggiore sostenibilità delle pratiche produttive. “Il tappo in alluminio è completamente riciclabile e permette di mantenere la qualità inalterata nel tempo”
Permeabilità all’ossigeno, scommessa vinta
L’utilizzo del tappo a vite non è comunque una novità enologica. “E’ la forma di chiusura più utilizzata all’estero per vini come il Sauvignon Blanc e il Pinot Nero – rileva Gianni Cantele – Probabilmente perché i mercati meno legati alla tradizione del tappo di sughero hanno puntato sulla possibilità di meglio preservare le caratteristiche dei vini con il tappo a vite. Un dato che ci ha sospinto a rompere gli indugi rispetto a quella che era la resistenza del mercato verso questo tipo di chiusura” Anche per una questione di qualità e praticità. “La bassa permeabilità all’ossigeno supera di oltre dieci volte le performance della chiusura con il tappo di sughero, garantendo così una protezione costante nel tempo. Ai vini giovani consente di esprimere la loro freschezza, a quelli invecchiati di conservarsi evitando sentori di tappo”
Negroamaro Rohesia, risposta al territorio
Negroamaro Rosato Rhoesia è indubbiamente il prodotto di punto della proposta di Cantele, ma i 50 ettari dell’azienda salentina sono oggi impostatati sulla produzione anche di Susumaniello, Primitivo e Chardonnay. “Parte della nostra tenuta è in una contrada sormontata da una masseria, chiamata Monte Calabrese, che sorge sopra una lievissima elevazione del terreno oscillante tra i 40 e 50 metri. Il terreno è calcareo-argilloso, caratterizzato da una aridità dovuta alle scarse precipitazioni. Fortunatamente la vite va molto in profondità con le radici, riuscendo così a sopperire l’aridità del terreno”
Amativo, blend rappresentativo
Tra i vini dei quali Cantine Cantele è orgogliosa, senza dubbio va annoverato l’Amativo. Espressione dei due vitigni più importanti del territorio. “E’ il blend tra Primitivo e Negroamaro che negli anni ’90 mio padre ha pensato ispirandosi ai supertuscan. Ha combinato il potenziale di esplosività aromatica e di potenza olfattiva del Primitivo con la austera ma elegante tannicità del Negroamaro che porta struttura al vino. Parliamo ovviamente di due vitigni diversi che maturano in tempi diversi e vengono vinificati in tempi diversi, quindi solo quando sono entrambi pronti viene fatto l’assemblaggio” Il blend prevede un 60% di Primitivo e 40% Negroamaro, dopo 12 mesi di affinamento in legno fa un passaggio in acciaio prima di fare imbottigliamento per un paio di mesi.
Verdeca, l’alternativa
Di riscoperta si tratta quando invece parliamo del Verdeca. “Fa parte della nostra linea classica, lo abbiamo inserito dieci anni fa come alternativa allo Chardonnay che cominciava a perdere colpi a favore dei vitigni autoctoni. Ecco che abbiamo rilanciato un vino come la Verdeca caratterizzato da una acidità importante, freschezza ed una buona versatilità dal punto di vista enogastronomico” Senz’altro interessante è poi il Teresa Manara, un Negroamaro in purezza dedicato alla fondatrice dell’azienda. Prodotto da vigneti molto vecchi, allevati ad alberello.
Teresa Manara, rispettata la filosofia aziendale
“Le uve in piena maturazione vengono raccolte subito dopo Ferragosto. La fermentazione inizia in serbatoi d’acciaio e verso la fine il mosto viene travasato in barrique nel quale rimane per circa sette mesi. L’affinamento avviene in botti di primo passaggio per il 30%, in botti di secondo e terzo passaggio per il 70%. L’assemblaggio di tre declinazioni diverse dello stesso vino che hanno fermentato in legni diversi – conclude Gianni Cantele – permette quindi di avere un vino estremamente complesso e con una bella spalla acida. In linea con l’idea iniziale di mio padre di creare un vino dalla personalità molto forte e dalla buona longevità. Teresa Manara è la filosofia di Cantele in bottiglia“
Laboratorio Sinestetico, il Salento si racconta
Profumi che trovano forma nel Laboratorio Sinestetico, dove le materie prime vengono valorizzate attraverso ricette pensate per creare un dialogo sensoriale tra cibo e vino. “L’ispirazione per gli abbinamenti nasce dal territorio salentino. Accanto ad un hummus di ceci con polpa di melanzana e ortaggi di stagione abbiniamo il Teresa Manara Chardonnay la cui morbidezza avvolgente e complessità aromatica valorizzano la cremosità del piatto mentre le note tostate bilanciano l’affumicatura della melanzana. Alle orecchiette con crema di rape, caciocavallo e polvere di olive nere accostiamo il Rohesia Negroamaro, la sua freschezza e struttura esaltano sia le note sapide della crema di rape sia l’intensità del caciocavallo e delle olive. La persistenza ed i tannini eleganti insieme ai sentori di ribes e spezie dolci del Teresa Manara Negroamaro sono invece il perfetto accompagnamento a lunghe cotture e carni succulente. Con Laboratorio Sinestetico – conclude Gianni Cantele – evochiamo il racconto autentico del Salento attraverso i sensi“