Tutti gli articoli di Francesco Bellini

OFF/Flavour, birreria fuori dagli schemi

OFF Flavour, da una idea di un ex manager del patrimonio culturale

Un percorso universitario da manager del patrimonio culturale all’Università Federico II di Napoli, seguito da una esperienza sul campo. Parallelamente si avvicina al mondo della birra lavorando per cinque anni nel fine settimana in un paio di birrerie del capoluogo campano. Ne rimane folgorato. E’ cosi che Claudio Peruggi, oggi cofondatore di OFF/Flavour a Milano (in Via Benaco 26), vi si dedica completamente partendo con un corso annuale di Beer Sommelier presso l’Accademia Dieffe di Padova (oggi Accademia delle Professioni). Qui l’incontro con Luca Bacci (già socio di Vent du Nord, sempre a Milano), insieme fondano OFF/Flavour.

Birreria dal taglio atipico

Contratti capestri e cambi di vita per motivi familiari mi hanno sospinto verso quella che è sempre stata una mia grande passione, la birra – racconta Claudio Peruggi, classe 1984 – Ho così investito tutti i miei risparmi in un corso professionalizzante che mi ha rilasciato un certificato EQF3 riconosciuto a livello italiano ed europeo. L’incontro con Luca è stato poi determinante, abbiamo unito le nostre passioni per la birra e siamo partiti con questa avventura nella quale ho messo a frutto l’esperienza maturata nei locali di Napoli e le conoscenze acquisite nei miei viaggi in Germania e soprattutto in Belgio. Senza trascurare il taglio storico-culturale, da buon manager del patrimonio culturale”

Un mondo aperto sui fermentati, non c’è solo birra

A passarci di fianco OFF/Flavour non sembra neanche una birreria, a cominciare dall’insegna. “Ho aperto un luogo polivalente, dove la birra ha certamente un ruolo importante. Ma teniamo anche altri prodotti fermentati, dal sidro alla kombucha. Includendo anche una proposta di vini biologici e biodinamici di piccoli produttori, sicuramente non convenzionali dal punto di vista del processo produttivo. Cosi nell’insegna del locale non c’è alcun riferimento alla birra ma piuttosto abbiamo giocato su Only Fine Fermentations” Nei 25 metri quadrati del locale tavoli e tavoloni in stile scandinavo. “A dire di molti clienti non sembra neanche di stare in una birreria ma piuttosto all’Ikea” Ma poi gli impianti per la spillatura non lasciano dubbi.

Tra i clienti, appassionati attenti a percorsi degustativi

Il locale è piccolo ma luminoso, le pareti sono rivestite da un legno chiaro. Una proposta molto lontana da quella del classico pub scuro dalle luci soffuse. “OFF/Flavour – rimarca Claudio Peruggi – non vuole essere una sorta di covo per ubriaconi ma un locale che si mostra capace di proporre in maniera diversa la birra artigianale” La clientela è composta da over35, coppie con bambini, appassionati che vogliono fare percorsi degustativi. Aperti dal tardo pomeriggio, offrono sei spine di birra artigianale in rotazione alle quali abbinano taglieri di salumi e formaggi. “Il mondo della birra artigianale è sempre alla ricerca della novità, se ai miei clienti propongo la stessa birra per tre settimane cominciano a lamentarsi

Non mancano birre analcoliche e proposte gluten free

Toccando tutti gli stili, parto da una chiara per coloro che vogliono bersi una birra in compagnia degli amici, come può essere una birra, della Franconia per arrivare alle ambrate, alle triple e alle dubbel. E una birra di abbazia non manca mai. Raramente poi ho due fusti uguali, quando ne finisce uno ne metto subito un altro diverso, ma rimanendo nello stesso stile. Non mancano poi birre analcoliche, ai taglieri di formaggi e salumi spesso abbiniamo un cestino con pane gluten free

Spazio anche alle richieste più particolari

Età e sesso della clientela sono in realtà poco rilevanti nella scelta delle birre, ciò che fa la differenza è la stagione. “I clienti preferiscono birre meno impegnative nei mesi caldi, più intense e corpose in quelli freddi. Coloro che invece vogliono azzardare si approcciano alle birre acide, soprattutto alle fermentazioni spontanee belghe. Cerco comunque di interpretare i gusti personali delle persone, anche quando arrivano richieste particolari” Come nel caso di un distinto signore sulla quarantina. “Mi ha raccontato – conclude il fondatore di OFF/Flavour – di essersi convertito all’Islam, gli ho così proposto i Proxies (fermentati realizzati con verdure, frutta, erbe e spezie). Vi ha ritrovato il sapore del vino che non poteva più bere, né è rimasto estasiato

Codice Identificativo Nazionale, urge semplificare

Codice Identificativo Nazionale, requisito obbligatorio

Come fosse un iban, identifica univocamente una struttura ricettiva. Con la conversione in legge del D.L. 145/2023, è stata introdotta la norma che definisce il Codice Identificativo Nazionale (CIN) riservato a tutte le strutture turistiche ed agli immobili destinati a locazioni brevi per finalità turistiche. Un requisito essenziale e obbligatorio per tutti, senza eccezioni, per continuare a operare sul mercato nonché per promuovere la loro offerta di ospitalità. Con il vincolo di esporre il codice all’esterno degli immobili e sulle piattaforme OTA entro il termine ultimo di gennaio 2025.

Rischio sanzioni per gli inadempienti

La legge è di fine 2023 – precisa Giambattista Scivoletto, fondatore della piattaforma bed-and-breakfast.it ma tutto è partito circa un anno dopo con tempi di adeguamento di 60 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenuta il 3 settembre. Prorogati di altri 60 giorni” Tutte le strutture ricettive e le attività di locazione breve e turistica in Italia devono quindi obbligatoriamente richiedere il Codice Identificativo Nazionale alla Banca Dati delle Strutture Ricettive. In caso di mancato adeguamento scattano sanzioni da 800 a 8000 euro. “Ma anche le piattaforme – aggiunge Giambattista Scivoletto – rischiano multe da 500 a 5.000 euro per ogni struttura non conforme”

Procedura veloce, ma solo se in regola con le norme regionali

Ottenere il Codice Identificativo Nazionale sarebbe veloce, richiederebbe pochi minuti. Ma tutti i documenti e i dati devono essere sono pronti, bisogna avere Spid o CIE (Carta Identità Elettronica) ed essere in possesso dei dati catastali dell’immobile in cui si opera. Per completare la procedura è fondamentale che le strutture siano poi in regola con le norme regionali e siano censite nei database della propria Regione. Presso la quale è necessario essere accreditati o accreditarsi se non lo si è ancora fatto, soprattutto nel caso delle nuove attività che dopo avere presentato SCIA al Comune o su www.impresacomune.it e ricevuto il codice regionale possono accedere al data base nazionale e richiedere il codice

Regioni e Ministero del Turismo, cruciale maggiore trasparenza

Ad oggi, le strutture ricettive regolarmente registrate risultano, a livello nazionale, essere all’80%. “Per rendere il processo di ottenimento del Codice Identificativo Nazionale più efficiente e meno dispersivo –sottolinea Giambattista Scivoletto – è cruciale che le Regioni forniscano istruzioni chiare indicando tutti i passaggi necessari. Molte, infatti, richiedono adempimenti preliminari che non sempre risultano comprensibili agli operatori, creando confusione e rallentamenti. In questo senso, anche il sito del Ministero del Turismo dovrebbe indicare con maggiore trasparenza che non è possibile registrare una nuova struttura direttamente nella Banca Dati Nazionale

Obblighi burocratici ed amministrativi

Molteplici sono gli obblighi burocratici ed amministrativi ai quale le diverse strutture vanno incontro. “Coloro che volessero mettere in affitto un piccolo immobile per poche settimane devono agire come agente contabile per la tassa di soggiorno, con report trimestrali al Comune ed annuali alla Agenzia delle Entrate, segnalare periodicamente i flussi turistici all’ISTAT, e quotidianamente, su una piattaforma della Polizia, gli alloggiati. Oltre a pagare il Canone RAI maggiorato, la Siae ed altro ancora” Oltre a dovere essere in regola con estintori e rilevatori di gas.

Legislazione antincendio, un rebus

Adeguarsi agli estintori non è facile per un piccolo appartamento, la legge impone estintori con precise caratteristiche della cui manutenzione sono oltretutto responsabili. Sono, invece, esonerati dalla installazione dei dispositivi di rilevazione di gas combustibili e di monossido di carbonio i locatori di unità immobiliari non dotate di impianto a gas e rispetto alle quali sia escluso, con certezza, il rischio di rilasci incontrollati di gas combustibili o di formazione di monossido di carbonio. Per le altre strutture ricettive come B&B, Affittacamere e Case Vacanza la legislazione antincendio è incerta”

Doppia procedura, i tempi si allungano

Il rischio è che strutture fino al giorno prima già legalmente registrate nei database regionali con codici di identificazione regionale, codici fiscali o partite IVA si trovino di punto in bianco ad essere irregolari e correre il rischio di vedere bloccata la loro attività.Il Codice Identificativo Nazionale rimarca Giambattista Scivolettodovrebbe essere un passaggio aggiuntivo e non un ostacolo insormontabile. Sebbene la creazione di una banca dati nazionale rappresenti un progresso in termini di trasparenza, la doppia procedura ha allungato i tempi impedendo a tante strutture di adeguarsi entro le scadenze

Eccesso di burocrazia, le piccole attività sono in affanno

Paradossale che l’attività di accoglienza, che spesso si svolge in modo spontaneo e familiare, sia diventata così complessa a causa di un eccesso di burocrazia. Le piccole strutture, gestite da privati che non dispongono delle risorse per affrontare l’onere amministrativo, rischiano di essere soffocate da un sistema troppo complicato. In alternativa, una attività nata come accoglienza famigliare per pochi mesi ad integrazione del reddito viene sospinta verso una attività molto più professionale con incombenze sempre più pesanti e la necessità di impiegare professionisti per una gestione di lungo periodo della loro attività”

Semplificazione necessaria, pena la paralisi

Quello turistico è il settore più in regola, il più monitorato a livello fiscale. Ma sarebbe utile centralizzare il processo in una unica piattaforma che consentisse di ottenere sia il Codice Identificativo Regionale che il Codice Identificativo Nazionale, per fornire una soluzione pratica agli operatori del settore” Per superare una frammentazione esasperata. “Se in Italia ogni regione si inventa il nome delle strutture – conclude Giambattista Scivoletto – in Francia, oltre gli alberghi, ci sono solo le chambres d’ote che racchiudono quelle che da noi sono b&B, affittacamere e case vacanza. Con unico obbligo di annotare nomi e numeri di carta d’identità degli ospiti stranieri per sei mesi. Urge semplificare, altrimenti rischiamo la paralisi del settore”

Glep Beverages, un sogno in chiave onirica

Glep Beverages, per rompere gli schemi

Quando una mente imprenditoriale incontra una mente creativa il risultato è presto fatto. Ezio Primatesta, albergatore e ristoratore, e Luca Garofalo, designer e creativo, hanno creato nel 2018 Glep Beverages e con essa una linea di spirits fuori dagli schemi, a cominciare dal packaging. «Volevamo fare qualcosa di diverso racconta Luca Garofalo partendo da un prodotto tradizionale come il Vermouth fino a poco tempo fa scarsamente valorizzato se non addirittura dimenticato» Nasce così Vermouth Rosso Vandalo per la ristorazione. “Lo consigliamo con gorgonzola e formaggi erborinati, ma con il cioccolato è il massimo

Rispetto della tradizione e visione onirica

Prodotto con botaniche raccolte a mano sulle Alpi Marittime ed Occitane (cannella, garofano, china, cardamomo, zenzero, vaniglia, rabarbaro, cacao, assenzio), infuse in vino bianco e unite a spezie, in etichetta riporta una pantera nera lacustre. Un animale onirico inventato dallo stesso Luca Garofalo. “Abbiamo coniugato un prodotto che si differenziasse da quanto presente nel mercato con un nome facile da ricordare. Creando al contempo un legame con il territorio, per questo motivo abbiamo scelto gli animali per le nostre grafiche. Come le pantere lacustri di Vandalo con zampe di drago, per ricordare una leggenda del Lago d’Orta che racconta di draghi che anticamente lo abitavano”

Packaging, attenzione costante

Al vermouth seguono il bitter rosso Spinto e l’amaro alle erbe Grinta. Amaricante e intenso il primo, fresco e versatile il secondo. Con una immutata attenzione ad un packaging che vuole ricordare l’importanza della sostenibilità nel rapporto tra uomo e Natura, senza mai dimenticare la componente onirica e fantasiosa. “Nella etichetta del bitter i conigli volanti hanno ali di libellula, insetto tipico lacustre. In quella dell’amaro alle erbe, il lago si trova nei baffi del lupo composti da piume d’anatra. Un lupo non qualsiasi ma il lupo della Tasmania, estinto da decenni per mano dell’uomo”

Gin Fulmine il trionfo, Panettone Vandalo la novità

L’anno 2023 è per Glep Beverages è poi un anno particolare. Alla vittoria con Gin Fulmine (ultimo nato della linea) come migliore gin italiano nella categoria London Dry Gin al World Gin Award, segue l’uscita del loro panettone nato da una ricetta studiata a lungo da pastry chef di fama internazionale. L’impasto, lievitato per 48 ore, prevede l’impiego di farine ricercate, uova fresche, burro, zucchero, lievito madre, scorza d’arancia e di limone, uvetta e frutta candita infuse nel vermouth di loro produzione. Il risultato è una pasta soffice e leggera, impreziosita da una glassa croccante che garantisce l’effetto crunch. Oltre la versione tradizionale, quella del Panettone Vandalo con pera candita e cioccolato gianduia.

Passione senza limiti

Non ci poniamo limiti, Glep Beverages è partito dalla volontà di realizzare un progetto tutto nostro risultato di una passione e non di una necessità. Se non quella di creare qualcosa di artigianale e di impatto fatto con metodi tradizionali, naturale, senza sintesi e con raccolta a mano – conclude Ezio Primatesta – Tra prove, assaggi e visite a distillerie ed opifici abbiamo dato seguito alla mia passione per il vermouth, per arrivare al bitter e al gin che ci hanno dato tante soddisfazioni. In tutto questo il supporto di Luca è stato fondamentale, la sua creatività e visione onirica ci ha permesso di realizzare un sogno

Remedy, ricercato rifugio dalla frenesia cittadina

Remedy, ricercatezza anche nel design

Elegante e raffinato al punto giusto, per concedersi una pausa di livello. Appena entrati, a destra c’è il bellissimo bancone con la bottiglieria a vista. Di fronte, i tavolini in marmo effetto legno per una sosta all’insegna del buon bere. A sinistra dell’entrata, invece, comode poltrone in pelle e un divanetto rendono l’ambiente particolarmente confortevole. E per coloro che volessero concedersi una pausa ludica, un originale quanto raffinato tavolino in legno che riproduce un biliardino. “La pallina fatta di sughero ricorda il tappo della bottiglia – afferma Michele Bernardi, uno dei tre titolari di Remedy in Viale Majno 26 a MilanoE’ un simpatico oggetto di design che rievoca ricordi, l’occasione per giocarsi una bottiglia in allegria

Cigar room la particolarità, la cantina il cuore pulsante

Intimissima la cigar room di due poltrone pensata per gli appassionati di sigari e pipe mentre la saletta al piano superiore è pronta ad accogliere piccoli eventi. Vero cuore pulsante di Remedy è però la cantina al piano inferiore, nella quale è conservata la collezione personale dei tre titolari. Un totale di 18mila bottiglie, delle quali 6mila stoccate, conservate alla temperatura controllata di 14° con una umidità al 65%. Con un focus sulle eccellenze italiane e sulle regioni vinicole francesi più rinomate come Borgogna, Champagne e Bordeaux. La carta di spirits conta invece più di 2mila tipologie, tutto è proposto in purezza. “Non vogliamo sovrapporci ai tanti cocktail bar che già fanno miscelazione molto bene

Tre soci, ad accomunarli il collezionismo

Tutto parte dalla comune passione per il collezionismo di vini e distillati che i tre titolari hanno sempre avuto sin dalla loro frequentazione precedente al loro arrivo a Milano. “La mia famiglia gestisce in Puglia un piccola azienda di cioccolato, fondata da mio nonno nel 1974. Poi è subentrata la passione per il vino ed ho aperto una enoteca specializzata” Passione che ha contagiato anche Amedeo Pagano, suo vicino di casa con una masseria. Il terzo socio Alessandro Michelon, di origine trentina, inizialmente cliente, si aggrega quindi al progetto che prende corpo poco prima dell’inizio della pandemia da Covid.

Una passione da condividere

Da anni collezioniamo vini e distillati provenienti da tutto il mondo, una passione che abbiamo deciso di condividere il frutto delle nostre ricerche con l’appassionato come con il collezionista di bottiglie rare ma anche semplicemente con il cliente a cui piace bere bene e che ha voglia di trascorrere una serata dall’atmosfera unica. Remedy è un locale pensato come rimedio alla parte più caotica della città, un vero e proprio rifugio dove concedersi una pausa” Tra i clienti, tanti sono gli stranieri. “Un 15% è composto da inglesi, russi ed asiatici. Molto orientati su Supertuscan e grandi nomi, come il Barolo. Mentre i clienti italiani sono indirizzati soprattutto verso i vini d’Oltralpe

Tante golosità, per soddisfare anche i palati più preparati

Ma a frequentare Remedy sono anche tantissimi operatori di settore. “Abbiamo ristoratori e sommelier che non vedendoci come competitori vengono da Remedy, dopo la giornata di lavoro, per bersi una buona buona bottiglia di vino, spesso molto difficile da trovare. Alla quale possono accompagnare un piatto di salame e culatello o un tagliere di formaggi pregiati ed affettati dalla Patanegra tagliata al coltello al capocollo di Martina Franca prodotto nella zona del Primitivo di Manduria da un piccolo produttore che lo affina nelle vinacce. Oppure – conclude Michele Bernardi – una Bella di Cerignola, una culaccia o una chicca come il Tarallo di Noci, prima bollito e poi infornato in modo da renderlo fragrante e più friabile. Per una piacevole conclusione della giornata”

Photo credits: Federico Bontempi

Raw Restaurant, familiarità ed eleganza

Raw Restaurant, due salette per sentirsi come a casa

Da fuori, la grande vetrata dalla quale si intravede la cucina fa pensare ad un locale metropolitano un po’ sofisticato. Niente di più sbagliato, l’eleganza dei dettagli fa da contrappunto all’intento del team di fare sentire il commensale come fosse a casa. Dallo chef table che coincide con il pass nella prima saletta da dieci coperti all’ambiente più riservato e caldo della seconda saletta. “La prima sala – racconta Petra Cucci, titolare di Raw Restaurant è a contatto della cucina, i commensali che si siedono qui vogliono vedere sotto i loro occhi la trasformazione della materia prima in prodotto. Coloro invece che preferiscono la saletta posteriore sono alla ricerca di una certa intimità

Interazione e intimità

I due ambienti sono l’immagine delle due anime di Raw Restaurant. Decisamente più contemporanea la prima, improntata a cercare una continua interazione con il cliente. “Ai clienti piace molto mangiare al pass, l’interazione con la cucina stimola la curiosità. E al contempo hanno la certezza che non c’è nulla da nascondere” Più da club è invece l’atmosfera della saletta posteriore, dove si viene accolti da un piccolo bar impreziosito da due belle poltrone stile chesterfield e una piccola libreria piena zeppa di libri di cucina. Il parquet è a lisca di pesce, tipico della vecchia Milano, mentre a dominare lo spazio è l’elegante cantina a vista con poche e selezionate etichette di piccoli produttori curate dal sommelier e restaurant manager Dennis Cereda, ex Portrait Milano.

Gusti accessibili, senza voli pindarici

La proposta della cucina prende spunto dalla cucina casereccia o comunque tradizionale, senza particolari voli pindarici se non per qualche creativa divagazione. “I nostri clienti sono persone alla ricerca di gusti accessibili e dal prezzo giusto, da gustare in un ambiente nel quale possono ritrovare l’atmosfera di casa. Con la sorpresa di un menù che cambia settimanalmente a pranzo e mensilmente a cena” E con qualche variazione anche giornaliera, Raw Restaurant lavora infatti con materie prime che provengono dal Mercato Ortofrutticolo di Milano. “Un risotto ai funghi – specifica Petra Cucci – oggi può essere fatto con i porcini e domani con i sanguinacci

Tradizione rivisitata, senza eccessi

Nel menù sono presenti le tagliatelle (fatte in casa) con tartufo bianco, il risotto con Castelmagno e salsiccia di Bra, il calamaro piastrato con patate, funghi shitake e puntarelle. In carta, anche la carbonara rivisitata. “E’ un tuorlo cotto a bassa temperatura, la parte l’albume è sostituito da una spuma di pecorino e pane nero fatto con il pepe. Sopra, al posto del guanciale croccante, il guanciale tagliato sottilissimo e messo sotto le lampade per renderlo leggero e trasparente – spiega l’Executive Chef Enrico Ferrari, con un passato da Chef Mauro UliassiNon è propriamente una carbonara ma ne ricorda i sapori” Altra ricetta tradizionale rivisitata è quella del risotto alla milanese. “Al posto dell’ossobuco mettiamo il fungo che gli da una consistenza masticabile

Un pizzico di fantasia non guasta

Un piatto classico come la tagliata con rucola, pomodorini e parmigiano diventa da Raw Restaurant una tagliata con crema di pomodorini, cotta a kamado per donargli un sapore affumicato. Mentre la melanzana tonda viene servita quasi fosse una bistecca. “Una volta tagliata spessa, la mettiamo sottosale perché perda tutta l’acqua. Togliamo i semi e la spennelliamo sopra con un ketchup fatto con aceto di Jerez, zucchero e doppio concentrato di pomodoro. Infine la impiattiamo con gli ingredienti della caponata di melanzane come sedano, pinoli ed uvetta”. Fantasioso il cavolfiore con gelato al gorgonzola piccante, caramello salato ed arachidi.

Un percorso lineare

Il menu è elaborato a partire da ciò che il Mercato Ortofrutticolo offre di più fresco e gustoso – ribadisce Petra Cucci – La carta cambia spesso per adattarsi agli ingredienti disponibili, con piatti che si possono trovare anche solo per un servizio” Ciò che invece segue una precisa linearità con il percorso è la carta dei dessert. “A conclusione di un percorso a base pesce – precisa la pastry chef Alessia Pulcini – proponiamo un babà agli agrumi e, nel periodo natalizio, un gelato al mascarpone. Per il percorso a base carne, invece, la nostra proposta prevede sia un gelato al mango e miele al pino mugo sia un gelato al tartufo bianco che viene glassato per dargli croccantezza

Contatto con il cliente, la chiave che fa la differenza

Non vogliamo inventare nulla, il nostro desiderio è quello di imparare e prendere spunto da coloro che già, da qualche altra parte, fanno bene – puntualizza la titolare di Raw Restaurant – Così da creare qualcosa di diverso, senza la pretesa di voler fare vivere al commensale chissà quale esperienza. Per noi è importante che il cliente si senta bene come a casa, da Raw Restaurant deve venire per mangiare piatti riconoscibili e rassicuranti” Il contatto con il cliente è però la chiave. “La persona che siede allo chef table – concludono Petra Cucci e Dennis Cereda – è una persona molto attenta, vuole vedere come si lavora in cucina. E soprattutto vuole vedere armonia nel team. E’ il dettaglio che fa la differenza

Raw Restaurant rimane chiuso per festività da Sabato 21 Dicembre a Domenica 29 Dicembre

Photo credits: Gaia Menchicchi

Baccanale e l’olio, racconto di una eccellenza

Olio d’oliva, l’attenzione di Baccanale

Da sempre attenta a divulgare le eccellenze del territorio, quest’anno Baccanale, con il claim “Un Filo d’Olio”, ha puntato l’attenzione sull’olio di oliva. Un alimento che da millenni caratterizza la nostra gastronomia, mantenendo intatte le sue qualità nutraceutiche. Soprattutto un patrimonio culturale che la manifestazione ha voluto evidenziare e valorizzare attraverso riflessioni di ampio respiro che hanno offerto, ponendo l’olio al centro della narrazione, nuove chiavi interpretative per comprendere la centralità della alimentazione nella storia dell’uomo.

Indispensabile e trasversale, un simbolo di continuità

Simbolo di continuità e innovazione nelle tradizioni culinarie, l’olio di oliva è l’essenza della cucina mediterranea. Prodotto indispensabile e trasversale, è stato utilizzato nelle cucine più povere come nei banchetti aristocratici. Anche se, come ha sottolineato Massimo Montanari nella sua lectio magistralis “Condire, friggere, ungere: la millenaria epopea dell’olio tra gusto e bellezza”, è rimasto a lungo riservato alla cucina di élite mentre sulle tavole contadine si usava il più economico lardo.

Centrale nelle tradizioni alimentari

Autentica invenzione dell’uomo (come pane e vino non esiste in natura), ne ha attraversato la storia. Dal Medioevo, durante il quale ne era vietato il consumo dalla Chiesa Cristiana in occasione dei periodi di magro, fino ai giorni nostri nei quali è divenuto emblema della cucina salutista. Rivestendo così un ruolo centrale nelle tradizioni alimentari di diverse epoche e culture. Una centralità che ha reso il cibo uno strumento di potere, distinzione sociale e identità culturale. Tanto che i modelli alimentari del passato hanno contribuito a formare l’idea di civiltà e a definire i rapporti di forza nella società.

Parma e Piacenza, ritorno all’olivocoltura

Ma perché concentrare una così lunga manifestazione solo sul tema dell’olio? Ce lo spiega Marco Panieri, Sindaco di Imola. “Le testimonianze di esperti e produttori locali – rileva il Sindaco della cittadina romagnola che per tre settimane ha ospitato Baccanale – hanno evidenziato un ritorno dell’olivicoltura nelle zone di Parma e Piacenza. Negli ultimi anni, nell’imolese sono nate circa 400 microaziende che fanno prodotti legati all’olio, passando da 75 quintali di produzione ad oltre 800. Da oltre trent’anni Baccanale valorizza le eccellenze del nostro territorio, quest’anno era giunto il momento di dare spazio anche all’olio di oliva.

Un ingrediente dai molteplici impieghi

Lo abbiamo raccontato secondo diverse sfaccettature, dall’impiego in cucina con chef come Cristiano Tomei, Victoire Gouloubi e Mauro Uliassi che ne hanno mostrato l’abbinamento a differenti piatti a quello nella mixology con Edoardo Nono del Rita’s Tiki Room di Milano e Matias Barrueco del 1930 Cocktail Bar, sempre di Milano, che hanno mostrato come l’olio d’oliva può diventare l’ingrediente segreto di cocktail originali e sofisticati” L’intenzione è fare cultura del cibo, a questo proposito risponde il riconoscimento del Garganello d’Oro (nome ispirato dal formato della pasta all’uovo tipica della Romagna) a coloro che si sono distinti come ambasciatori della cucina e rispondono a precisi criteri di promozione all’estero

Chef Matteo Ferrantino, a lui il Garganello d’Oro

“Quest’anno lo abbiamo assegnato a Chef Matteo Ferrantino che con il suo ristorante Blanc ad Amburgo ha contribuito a diffondere la cultura gastronomica italiana all’estero grazie allo studio e alla valorizzazione dei prodotti nostrani nel contesto di una cucina in cui trovano spazio ingredienti, sapori e odori tipici della tradizione del Bel Paese. Con il suo lavoro sull’olio, che ha unito Puglia e Romagna (lo chef è nativo di Mattinata, in provincia di Foggia), ha rafforzato il Made in Italy,. La cena a quattro mani con Massimiliano Mascia, chef bistellato del Ristorante San Domenico di Imola, è stata l’occasione per promuovere una eccellenza italiana”

Creare rete, l’obiettivo

Sempre di più – conclude Marco Panieri Baccanale vuole essere trasversale, coinvolgere le diverse generazioni con iniziative che spaziano dal banco di assaggio ai workshop, da momenti di formazione a quelli di informazione con l’intervento di studiosi (quest’anno oltre al sempre presente Massimo Montanari ha partecipato lo storico Alessandro Barbero) e la partecipazione di apprezzati chef. Con il coinvolgimento anche del Centro Storico, dell’Autodromo e delle più importanti realtà enogastronomiche e agricole della città. Baccanale mette in rete tutte queste eccellenze, presentando Imola con la sua straordinaria storia e identità. Perché la città diventi una meta turistica continuativa”

Lucine di Natale, l’incanto torna a splendere a Leggiuno

Lucine di Leggiuno, tante nuove attrazioni

850mila luci led, 150mila in più rispetto all’edizione dell’anno scorso. Le Lucine di Leggiuno (piccola cittadina del Lago Maggiore) decorano anche quest’anno un percorso che si snoda tra grotte glaciali, castelli incantati, alberi e animali del bosco. A questi elementi si aggiungono tante nuove attrazioni, tra le quali i Crocus delle Meraviglie, il Tunnel di Fiori, i Rampicanti Fatati e piccoli dettagli quali funghi, lumachine luminose, piccoli animaletti che si nascondono dietro gli alberi. Tutto a rendere più magica l’atmosfera natalizia. “Vogliamo dare soddisfazione all’occhio curioso – dichiara Fabio Betti, figlio dell’ideatore della manifestazione – E sorprendere anche coloro che già ci conoscono”

Parcheggio e servizio navetta gratuito, le novità

Ma le novità non finiscono qui, per rendere i collegamenti ancora più semplici i visitatori possono usufruire di un nuovo parcheggio e di un servizio navetta gratuito e operativo tutti i giorni dalle 16:30 alle 22:30 che quest’anno collega anche l’Eremo di Santa Caterina del Sasso con la manifestazione. “Grazie a questa soluzione, è ancora più facile scoprire questi due luoghi magici in una unica giornata” Una bella occasione per passare una piacevole giornata sul Lago Maggiore tra cultura e divertimento (le Lucine di Leggiuno rimarranno infatti accese fino al 6 Gennaio 2025, il giorno della Befana).

Atmosfera coinvolgente, per tutti

Un appuntamento divenuto oramai imperdibile per adulti e bambini, ad accorrere ad ammirare le Lucine di Leggiuno i pullman di visitatori provenienti da tante zone d’Italia. “In tutti questi anni – sottolinea Fabio Betti – abbiamo abbiamo superato abbondantemente il milione di visitatori. I visitatori che animano questi giorni di festa arrivano dalla Valle d’Aosta fino al Friuli, persino da Roma ed Ancona. Tornano perché piace l’atmosfera” Una atmosfera che coinvolge tantissimi bambini, ma non solo. “Ai più piccoli piacciono tanto le lumachine, fatte con i gusci che ci da un ristoratore amico di papà. Ma gli episodi più curiosi arrivano dagli adulti, immancabili e frequenti sono infatti le proposte di matrimonio fatte durante l’evento

Un successo che si ripete da oltre trent’anni

Momenti che si ripetono, a discapito della prima edizione targata 1999. “Quell’anno – ricorda Fabio Betti – eravamo in Brasile in visita ai parenti (la mamma di Fabio è infatti brasiliana), a mio padre capitò di trovare una svendita di lucine. Come d’incanto, ebbe l’idea di acquistarle e portarsele dietro per illuminare le finestre di casa. Da quel primo fascio di lucine, la strada fatta è stata tanta ed oggi la manifestazione è una tradizione ormai consolidata (tanto da essere patrocinata dal Comune di Leggiuno) capace di regalare ogni anno l’emozione di un magico Natale. Anche l’oratorio di Leggiuno ha voluto esserne reso partecipe”

L’impegno per la sostenibilità

Tutte le creazioni sono comunque frutto delle idee e del lavoro di Lino Betti, fondatore del format. Dietro l’evento, si cela infatti un attento lavoro artigianale attento, realizzato con materiali di recupero come plastiche riciclate e scarti edilizi. “Qualsiasi strutturaprecisa Fabio Betti è fatta interamente a mano, non c’è niente di comprato. La maggior parte di materiali dell’evento sono prodotti di riuso. Con uno scatolone gigante di palline da ping pong insieme ad una serie di cannucce di plastica non più utilizzabili, per esempio, abbiamo creato i ciuffi d’erba ed i funghetti che compongo un pezzo di prato”

Info utili

Con due soli giorni di chiusura (24 e 31 dicembre), le Lucine di Natale di Leggiuno rimarranno accese tutti i giorni fino a Lunedì 6 Gennaio (dalle 17:30 alle 23:00, ultimo ingresso alle 22.30). Ingresso su prenotazione, biglietti acquistabili online (www.lucinedinatale.it.) ad un prezzo speciale. Il biglietto Open consente di organizzare la visita in totale libertà e senza la necessità di selezionare data e fascia oraria al momento dell’acquisto. A contorno dell’evento, l’offerta gastronomica che spazia dai pizzoccheri alle zuppe, dalla cioccolata calda al vin brulé. “Una cucina molto semplice ma apprezzata – conclude Fabio Betti – Per rendere ancora più piacevole il ricordo delle Lucine di Leggiuno

Fondazione Bianca Garavaglia, il Natale è solidale

Caro Babbo Natale, il sostegno di Fondazione Bianca Garavaglia alla ricerca

Anche quest’anno la Fondazione Bianca Garavaglia ETS trasforma il Natale nell’occasione per sostenere la ricerca sui tumori pediatrici. Con la campagna “Caro Babbo Natale” vengono messi a disposizione di privati, aziende e scuole una serie di regali solidali il cui ricavato sarà destinato a due importanti progetti di ricerca presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’immunoterapia a cellule CAR contro i sarcomi e l’innovativa diagnosi dei tumori cerebrali pediatrici tramite biopsie liquide. Un Natale speciale con panettoni, pandori e tanti altri prodotti solidali impreziositi da un packaging esclusivo ad opera della illustratrice Serena Viganò.

Campagna natalizia on line, ma c’è anche il temporary shop

L’immagine – spiega Claudia Garavaglia, Responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi di Fondazione Bianca Garavaglia – rappresenta un albero di Natale decorato con le letterine dei bambini che chiedono a Babbo Natale un aiuto nel sostegno alla ricerca sui tumori pediatrici” I dolci delle feste si trasformano quindi in doni capaci di portare speranza e sostenere la lotta contro i tumori infantili. La campagna natalizia è attiva online (https://regalisolidali.abianca.org/) ma gli stessi doni si possono trovare presso la Bottega del Fiore, il temporary shop aperto fino al 24 dicembre in Corso XX Settembre 20 a Busto Arsizio (VA) . “Lo apriamo solo due volte all’anno, una di queste è il periodo natalizio

Due i progetti in partenza

Quest’anno abbiamo voluto dedicare la campagna a due nuovi e innovativi progetti di ricerca che ci sono stati affidati, dopo essere stati selezionati con un bando interno all’Istituto dei Tumori di Milano che contribuisce a finanziarli. Uno si occupa delle cellule car già abbastanza diffuse per le neoplasie del sangue ma non ancora testate nell’ambito dell’oncologia solida. In pratica sono i nostri linfociti che vengono manipolati in laboratorio e diventano cellule in grado di aggredire i tumori. L’ altro è invece una ricerca che viene fatta a livello diagnostico nei tumori del sistema nervoso centrale attraverso biopsie liquide”

Fondazione Bianca Garavaglia, da oltre 30 anni a supporto dell’istituto Tumori

Nata l’anno scorso come evoluzione della onlus fondata nel 1987 dai genitori di Claudia a seguito della scomparsa (a causa di una rara forma di neoplasia) dell’altra figlia Bianca, Fondazione Bianca Garavaglia Ets è da sempre coinvolta nella raccolta fondi da destinare alla promozione di studi scientifici e cure mediche nel campo dei tumori. Il suo supporto alla Struttura Complessa di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è ininterrotto da oltre 30 anni con un impegno costante nella ricerca, cura ed assistenza dei piccoli pazienti affetti da questa patologia.

Cura e assistenza, ogni tre anni una convenzione

Grazie alla rete di solidarietà venutasi a creare in questi anni – sottolinea Claudia Garavaglia – ci è stato possibile sostenere progetti legati alla cura ed alla assistenza. Ogni tre anni viene poi stipulata con l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano una convenzione attraverso la quale ci vengono attribuiti una serie di progetti legati a ricerca, cura ed assistenza. Nel primo caso si tratta di progetti selezionati tramite bandi interni all’Istituto e valutati dal nostro comitato scientifico, nel secondo si tratta di progetti che prevedono l’intervento in reparto del medico, i terzi riguardano l’ambito psico-sociale”

Progetto Giovani della Pediatria, nuovo modello di organizzazione medica

Tra i progetti seguiti da Fondazione Bianca Garavaglia, il Progetto Giovani della Pediatria INT (ilprogettogiovani.org) dedicato a pazienti adolescenti e giovani adulti con l’obiettivo di creare un nuovo modello di organizzazione medica, incrementando l’accesso dei pazienti adolescenti ai reparti e ai protocolli clinici di oncologia pediatrica. “Gli adolescenti ricoverati presso l’INT oggi possono accedere a servizi loro dedicati quali il supporto psicosociale e usufruire di ambienti di cura dove possano continuare a svolgere, almeno in parte, le proprie attività anche durante le terapie. Con il progetto Sport in ospedale, per esempio, viene promossa l’attività fisica e riabilitativa per i piccoli pazienti durante e dopo le terapie.

Palestra in reparto, lo sport a sostegno del sistema immunitario

Un progetto presentato nel 2013 perché si sentiva la necessità di creare nel reparto pediatrico una piccola palestra nella quale bambini e ragazzi potessero praticare non solo attività riabilitativa ma anche attività sportiva. “Diverse ricerche – conclude Claudia Garavaglia – hanno infatti dimostrato come quest’ultima sviluppi il sistema immunitario e aiuti durante le cure. Oggi, a frequentarla sono sia bambini in cura sia da bambini in fase di follow up. Ad essa associamo anche un torneo di calcio annuale, organizzato con le oncologie pediatriche di tutta Europa. Perché fare sport in ospedale è possibile”

Tartufo ferrarese, Makorè gli dedica una intera cena

Ferrara e il suo tartufo, una realtà da scoprire

Quando si parla di tartufo solitamente non si pensa a Ferrara. Ma è un territorio che merita più attenzione, perché vi si cela una piacevole quanto inattesa sorpresa. Tra i detriti e il pietrisco che caratterizzano il tessuto urbano della città emiliana non è infatti improbabile trovare l’ambito fungo ipogeo. Con il suo terreno alluvionale Ferrara è infatti un habitat perfetto per le diverse specie di tartufo, questi antichi territori, un tempo paludi, ospitano varietà uniche dal bianco al nero pregiato, dal macrosporum all’uncinatum. “All’interno delle mura di Ferrara – racconta Chef Denny Lodi Rizzini di Makorè si possono trovare fino a sei tipologie di tartufo

Tartufo protagonista, l’omaggio di Makorè

Essendo il nostro un terreno di riporto composto da tanti detriti provenienti da lavorazioni edili – gli fa eco Antonio Marchetti, Presidente di Associazione Arci Tartufi – spesso lo troviamo nei dintorni di vecchie case abbandonate. Sarà anche brutto a vedersi, ma per bontà non ha niente da invidiare ai tartufi delle altre regioni italiane” Per omaggiare il tartufo ferrarese, Makorè (ristorante fine dining del centro di Ferrara) ed il suo chef Denny Lodi Rizzini raccontano la straordinaria presenza del tartufo in città con una cena speciale Giovedì 28 Novembre (inizio ore 20:00). La serata, organizzata in collaborazione con Associazione Arci Tartufi, prevede un menu nel quale ogni piatto viene accompagnato da diverse tipologie di tartufo.

Uovo pochè e calamaro ripieno, per iniziare

Il percorso inizia con un amuse-bouche di benvenuto, preludio all’uovo poché con erbette ripassate e spuma di zucca. “Il tartufo si sposa bene con la zucca e l’uovo poché – spiega Chef Denny Lodi Rizzini – Siamo quindi andati a ripassare le erbette con una leggera fonduta di parmigiano, una spuma di zucca, l’uovo poché cotto a bassa temperatura e lamelle generose di tartufo sopra” A seguire, il calamaro ripieno con prosciutto di spada, stracciatella e rapa alla soia. “Lo abbiamo cotto sui tizzoni ardenti ed accompagnato con una barnese di solo albume e una piccola rapa alla soia. Sopra il calamaro, una bella grattugiata di tartufo. Per sdoganare l’abbinamento del tartufo con il pesce”

Pasticcio Estense, rivisitato un piatto che arriva da lontano

Segue il Pasticcio Estense, un piatto nato cinquecento anni fa alla corte degli Estensi per opera del cuoco Meselbugo. “All’epoca, non essendoci una grande distinzione tra dolce e salato, gli ingredienti venivano spesso mischiati – sottolinea lo chef – Meselbugo fece un prodotto da forno composto da una pasta frolla che al suo interno racchiudeva i maccheroni pasticciati con un ragù a base di carni bianche e selvaggina e arricchiti con i funghi. Noi mantechiamo la pasta con una salsa ai lieviti di birra riattivati per ottenere il sapore delle carni, al posto dei funghi mettiamo il tartufo. Copriamo il tutto con una salsa al parmigiano reggiano mentre al posto della pasta frolla usiamo una pasta sfoglia spolverizzata da zucchero a velo

Wellington Fish, riproposizione di un classico

Si prosegue con il Wellington Fish. “Rivisitiamo in chiave marina un classico piatto di carne, sostituendo il filetto di manzo con il filetto di rana pescatrice. Quest’ultima viene fatta maturare in cella per quattro giorni in modo da asciugarla dal latte in eccesso, successivamente spennellata con una salsa di senape di Digione. Tutto viene avvolto da una crespella farcita con prosciutto di tonno e funghi trifolati. In fase di impiattamento, aggiungiamo una spolverizzata di tartufo

Autunno, il dolce che sfata un falso mito

A chiudere il percorso, Autunno. Un dolce a base di cremoso di caffè che viene scavato per adagiarvi in fondo semi di zucca caramellati e coste di bieta sciroppate. “Successivamente aggiungiamo un gel al rhum per dare una nota alcolica, tartufo bianco e ancora un poco di crema al caffè. Copriamo tutto con le foglie di patate, zucca e coste verdi per dare un poco di colore” Una sorpresa tra le sorprese di un menù raffinato. “Vogliamo valorizzazione il tartufo ferrarese – conclude Chef Denny Lody Rizzini – per farne comprendere la bontà e sfatare quel falso mito che vede il tartufo protagonista solo in qualche momento dell’anno”

Mondo n’Uovo, Eggs incontra l’arte

Mondo n’Uovo, il cibo diventa arte

Le opere in mostra sono state realizzate da 48 artisti delle Botteghe d’Arte che hanno partecipato a uno stage organizzato quest’anno dal Mapp con Riccardo Gusmaroli, artista veronese contemporaneo con un passato da fotografo di architettura e di still life, che ha già collaborato con il Mapp nel 2008 con “Chiuso per ferie mentali” e nel 2012 con “Oltre”. Mondo n’Uovo (dal 29 ottobre a fine anno presso Eggs Milano) ruota attorno all’uovo, alimento che ha ispirato decine di artisti. “Ho sempre lavorato con elementi naturali di uso molto comune – spiega Riccardo GusmaroliCon i ragazzi del Mapp abbiamo fatto un lavoro incredibile, anche se l’inizio non è stato semplice”

Riccardo Gusmaroli e Mapp, sinergia vincente

La mia arte è molto milanese, basata sul bianco, sulla pulizia, sulla riduzione e rimozione di elementi per essere più essenziali – precisa l’artista – Lavorare con un elemento molto fragile e delicato come l’uovo non è stato, per loro che non riescono a calcolare il peso e la tensione nelle mani, una cosa semplice. Ma la loro voglia di fare e gli spunti che hanno saputo sviluppare hanno fatto superare ogni difficoltà” Obiettivo perfettamente in linea con la filosofia di Mapp, nato nel 1995 con lo scopo di trasformare l’ospedale psichiatrico Paolo Pini in un luogo dove “fare arte” fosse occasione di scambio di idee e linguaggi e la condivisione di esperienze artistiche e culturali trasformasse un luogo per anni emblema della incomunicabilità.

Paolo Pini, oggi un concentrato di arte

Nel tempo si è formata una vera e propria collezione di livello internazionale che raccoglie lavori di oltre 140 artisti e si arricchisce ogni anno di nuove opere, Mapp è oggi costituito da una collezione permanente che comprende murales, installazioni e sculture dislocate nel parco del Paolo Pini, all’esterno e all’interno dei padiglioni, e da una raccolta di opere realizzate a quattro mani da artisti e frequentatori delle “Botteghe d’Arte”. Quale luogo migliore per esporre i lavori degli artisti del Paolo Pini se non Eggs Milano, considerato che il concept del locale è tutto incentrato sulle uova?

Chef Barbara Agosti, appassionata dell’uovo

Chef Barbara Agosti, fondatrice e patron di Eggs Milano, lavora con ogni tipo di uovo. Da quelle di gallina a quelle di struzzo, da quelle di oca a quelle di quaglia. Compreso quelle di pesce, come bottarga e caviale. In menù troviamo la carta delle carbonare, nella quale spaziare da quella ai fiori di zucca e quella con il petto d’anatra al posto del guanciale a quella con il carciofo (o il broccolo o la zucchina) e quella con crema di pecorino. Ci sono persino quelle con uova d’anatra. “Sono da sempre appassionata dell’uovo, già a partire dalla forma – afferma lo chef – Sono il dna della cucina, ingrediente base di infinite ricette o aggregante indispensabile per creme, farce e panature”

Eggs Milano, l’ispirazione è la cucina artigianale fatta in casa

Ispirata dalla cucina artigianale fatta in casa, lo chef propone una cucina nella quale ogni piatto contiene almeno una forma d’uovo, spaziando dalle uova di pesce a uno zabaione fatto in casa. Tra le specialità più richieste, lo Strapazzo. Rivoluzionaria carbonara da passeggio, viene proposta nelle versioni classica, al tartufo e con la ‘nduja. Molto gettonata anche il Gioco dell’Ova, degustazione di sei gusci d’uovo serviti in una tipica confezione di cartone e riempiti di assaggi originali. “E’ un antipasto che ho pensato guardato la scatoletta da sei uova che si trova al supermercato, me le sono immaginate portate al tavolo come pietanza”

Dolce e salato, l’ uovo sempre protagonista

Ma vanno fortissimi anche il Gioco del croccante e il Maritozzo alla vaccinara. Tra i secondi, la faraona nel bosco (riempita con una farcia di nocciola, salsiccia e uova di quaglia), il baccalà all’amatriciana, l’uovo di bue al tartufo, l’uovo d’anatra con le verze. “Quando è stagione ci sono anche le uova d’oca” Nella carta dei dessert troviamo il tiramisù artigianale, lo zabaione, la Carbodolce, l’Ovosodo, il Maritozum. “Ovosodo è un guscio di cioccolato bianco con all’interno una mousse di yogurt e una purea di mango, quando si apre sembra un uovo. Maritozum è invece il maritozzo farcito con mascarpone e gelatina di caffè

Eggs e Mapp, l’immaginario è lo stesso

Un connubio, quello tra arte e cucina, che rende particolarmente felice Chef Agosti, da sempre sensibile ad iniziative culturali e nel sociale. “Per noi è un onore e un piacere ospitare una mostra come Mondo n’Uovo che lavora su un immaginario che è simile al nostro, trasportato nel campo artistico. Il Mapp – conclude Chef Agosti – è un luogo bellissimo e lidea è che, dopo essere venuti a vedere e a mangiare le uova da noi, si possa poi andare a esplorare il Paolo Pini, che è uno straordinario museo a cielo aperto e un luogo di sofferenza trasformato in spazio darte, è cosa che ci inorgoglisce