Tutti gli articoli di Andrea Gussoni

Lavoro, l’80% degli italiani vuole la settimana corta

Il mondo del lavoro è in costante evoluzione, e la possibile introduzione della settimana corta dopo l’affermazione ormai consolidata dello smart working, possono essere strumenti di salvaguardia del benessere dei lavoratori così come dell’ambiente. Una nuova indagine realizzata per Pulsee Luce & Gas, dalla società NielsenIQ, ha portato in luce i punti di vista su questo importante aspetto di un campione rappresentativo della popolazione italiana.

Dal rapporto emerge che 1 intervistato su 3 lavora in modalità full remote o ibrida. Lo smart working è mediamente concesso per il 37% delle ore totali di lavoro (uno o due giorni, su cinque). Complessivamente, il 49% del campione preferisce il lavoro agile, mentre il 42% l’ufficio. Tra i lati positivi del lavoro da casa figurano principalmente la riduzione dei tempi di spostamento per raggiungere il luogo di lavoro (77%), che in media ammonta a 41 minuti, e dei costi (72%), che ammonta a circa 124 euro al mese tra viaggi e pranzi di lavoro) insieme a una migliore gestione del work-life balance (64%). I maggiori rischi percepiti, invece, sono l’isolamento sociale (59%) (specie al Nord Ovest), la sedentarietà (58%) e la difficoltà a separare lavoro e vita privata (44%).

L’espansione dello smart working risulta particolarmente compatibile con professioni che non necessitano di troppi strumenti e materiali. Infatti, più di 7 intervistati su 10 ritengono di avere tutti i dispositivi necessari per svolgere il proprio lavoro da casa. Tuttavia, solo il 26% dichiara di avere una seduta ergonomica, il valore scende al 14% nel caso del piano di lavoro ad altezza regolabile e all’11% per i poggiapiedi.

Lavorare da remoto può voler dire ottimizzare il tempo per dedicarsi ad attività domestiche: l’89% del campione afferma infatti di approfittare delle pause per svolgere attività collaterali. Tra le più diffuse vi sono cucinare (66%), occuparsi delle faccende domestiche (45%), della lavatrice (44%) e guardare la televisione (29%).

La comodità di lavorare da casa ha anche un possibile risvolto della medaglia che riguarda proprio i consumi energeticiil 49% degli intervistati ritiene che con questa nuova modalità lavorativa i suoi consumi siano aumentati con conseguenze sulle bollette. Gli italiani si sono però subito attivati per porre rimedio a questo possibile costo maggiore e le principali contromisure dichiarate sono l’illuminazione, con l’utilizzo di lampadine a basso consumo (59%), il maggiore ricorso alla luce naturale (per il 58%), cui si uniscono alcune accortezze di risparmio energetico. Dallo spegnimento del pc con distacco dall’alimentatore quando non è impiegato (44%), all’ottimizzazione nell’uso di climatizzatori e di riscaldamento (42%).

L’indagine offre spunti di riflessione anche sull’impatto sociale della settimana corta (quattro giorni di lavoro a settimana) voluta dall’80% degli intervistatiCirca la metà del campione (48%) dichiara di avere figli. Nella maggior parte dei casi (66%) sono gestiti in autonomia o con l’aiuto dei nonni (24%), solo l’11% si affida a figure esterne come baby-sitter o altre figure professionali, con una spesa media mensile di 115€. Tre intervistati su quattro ritengono che la settimana corta possa generare benefici, dando la possibilità di gestire con maggiore autonomia i propri figli. Tra le iniziative di welfare aziendale evidenziate dai lavoratori, le più comuni sono benefit di tipo economico, come l’assegno familiare (40% del campione), o di tempo retribuito, sotto forma di giorni di paternità e di permessi (34%). 

Per quanto riguarda invece la cura di familiari anziani o con disabilità, il 35% degli italiani afferma di occuparsene da solo, contro il 65% che ricorre a un aiuto esterno. In particolare, chi riceve supporto conta su altri familiari (42%), mentre il 34% si rivolge a badanti, case di riposo o altre forme di sostegno, con una spesa di circa 540 euro al mese.  Per l’85% degli intervistati ‘caregiver’ la settimana corta offre l’opportunità di curare i propri familiari con maggiore autonomia. Il bonus più offerto dalle aziende in questo ambito è la flessibilità (37%), seguita da ore di permesso (22%) e supporto psicologico (14%).

Per la cura domestica, solo il 13% del campione afferma di doversi rivolgere a professionisti, spendendo, in media, 107 euro al mese. Anche in questo caso la settimana corta viene percepita come un valido supporto, come dichiara l’80% degli intervistati. Avere un giorno libero in più, inoltre, permetterebbe di dedicare maggiore tempo al benessere personale, soprattutto per svolgere l’attività fisica (62%), ma anche fare gite e viaggi (54%).

Il desiderio di adottare la settimana corta coinvolge 4 intervistati su 5, con il 50% che si definisce “molto interessato”. Per ottenere questo beneficio, i compromessi che i lavoratori sono più propensi ad accettare sono una maggiore flessibilità sull’orario di lavoro durante la settimana lavorativa (52%), un aumento della produttività durante i giorni lavorativi (47%) e un minor numero di pause (45%). Soltanto il 10% sarebbe disposto ad una leggera riduzione dello stipendio. La settimana corta viene vista positivamente come modalità per accrescere l’equilibrio tra lavoro e vita privata (72% del campione), la soddisfazione personale (63%) e il tempo di qualità da dedicare alla famiglia e agli amici. Tra gli aspetti critici sono invece elencati l’aumento del carico di attività durante i giorni lavorativi (51%), la maggior pressione e stress associato al raggiungimento degli obiettivi (37%) e i problemi di coordinamento (27%).

Pulsee Luce e Gas è la società dedicata ai clienti domestici di Axpo Italia, quinto operatore sul mercato libero dell’energia. Attraverso una piattaforma accessibile e intuitiva con servizi integrati su misura, Pulsee Luce e Gas propone un nuovo modo di fruire l’energia che mette al centro le esigenze quotidiane delle persone, la libertà di scegliere, la semplicità di fruizione, il consumo sostenibile. www.pulsee.it

ComoLake 2024 – The Great Challenge: “intermediare” l’innovazione per le mPMI

La complessità delle nuove tecnologie rappresenta una sfida significativa per le piccole imprese, molte delle quali restano bloccate in modelli produttivi tradizionali e faticano a comprendere e adottare soluzioni innovative. Sono questi alcuni dei temi emersi dalla seconda edizione dell’evento internazionale “Como Lake 2024 – The Great Challenge”, attraverso la partecipazione di Marco Travaglini e Antonio Bisci, rispettivamente CEO e Direttore Commerciale di Mama Industry, i quali hanno preso parte al tavolo di discussione insieme a Danilo Broggi, Presidente del Centro per la Cultura di Impresa (e Past President della Confapi), mettendo in evidenza il ruolo chiave dell’intermediazione per le micro, piccole e medie imprese nella transizione digitale.

«Il tema della tecnologia è molto complesso da mettere a terra» – afferma Marco Travaglini – «Se per il consumatore finale possiamo trovare strumenti di intermediazione efficaci, per le imprese questo richiede una competenza mirata, che sappia anche essere amica del piccolo imprenditore, colmando un divario spesso enorme tra il loro mondo e quello dell’innovazione».

Le difficoltà riscontrate dai piccoli imprenditori nell’adozione di strumenti come l’intelligenza artificiale, la cyber security e le query avanzate sono evidenti. Secondo un’indagine di Confartigianato del 2022, oltre il 65% delle microimprese italiane ha dichiarato di non avere le competenze per integrare le nuove tecnologie nei propri processi produttivi. Inoltre, il rapporto DESI 2023 (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea colloca l’Italia al 18° posto tra i 27 Paesi membri per livello di digitalizzazione delle piccole e medie imprese, con solo il 17% delle PMI italiane che utilizza tecnologie avanzate come il cloud computing, contro una media europea del 41%. Questi dati confermano l’urgenza di una trasformazione digitale supportata da attori competenti e strutturati.

Marco Travaglini pone l’accento sulla necessità di un intermediario tra le imprese del mercato OFF e il mondo dell’innovazione, che permetta di adottare un approccio accessibile. «Il nostro compito è aiutare queste piccole imprese a colmare la distanza che le separa dalla tecnologia. Il grosso salto è quello di non considerare l’innovazione solo come una questione tecnica, ma anche come un fatto umano, iniziando dal concetto del cambiamento, perché portare subito la tecnologia a queste imprese le spaventerebbe» e continua sottolineando l’importanza di fare un lavoro di semplificazione per aiutare questi imprenditori a entrare nel futuro con gli strumenti giusti, senza essere sopraffatti dalla complessità attraverso una forma di intermediazione che deve basarsi su un supporto finalizzato ad attenuare le distanze e le reticenza tra il mondo della piccola imprenditoria e quello dell’innovazione.

Un altro dato significativo, infatti, proviene da una ricerca condotta da Unioncamere e InfoCamere nel 2023, che evidenzia come solo il 29% delle imprese italiane con meno di 10 dipendenti abbia adottato strategie digitali avanzate. Questo conferma quanto sia fondamentale un approccio più scalabile per accompagnare le PMI nel processo di digitalizzazione.

A seguire, anche Danilo Broggi evidenzia la difficoltà dei piccoli imprenditori nel fare innovazione, partendo da un dato che invita alla riflessione: «Sapete quante imprese italiane sono iscritte al Registro (su base volontaria) delle imprese ultracentenarie? Sono circa 2400: imprese che hanno superato la Prima e la Seconda guerra mondiale, che hanno superato la Spagnola (ben più mortale del Covid). Come ci sono riusciti? Hanno innovato sì, ma hanno usato quella che in economia si chiama “innovazione incrementale”. Che è cosa completamente diversa da quello che sta succedendo oggi, dove l’innovazione è sempre più “disruptive”».

Broggi sottolinea come, sebbene oggi la sfida richieda un approccio diverso, «non siamo pronti per affrontare il tema della “disruptive innovation”. Non siamo pronti culturalmente». Fa quindi riferimento alle nuove generazioni, che potrebbero essere i protagonisti di questo cambiamento, ma che, rispetto alle piccole realtà più “attempate”, «hanno un ecosistema e un contesto che parlano un’altra lingua».
Rimanda poi ai dati sulle PMI, che ci collocano agli ultimi posti in Europa, sottolineando come l’uso del digitale da parte di queste imprese non debba essere una risposta occasionale a un bisogno, ma una leva strategica di sviluppo.

Prénatal festeggia un anno di Generazione G

Prénatal, azienda storica con oltre 60 anni di esperienza nel supporto alle famiglie italiane, a un anno dal lancio dell’iniziativa “Generazione G” (Generazione Genitori), promossa in collaborazione con Moige (Movimento Italiano Genitori), ha condiviso i risultati raggiunti insieme ai Partner coinvolti. L’obiettivo del progetto è contrastare il calo delle nascite nel Paese, non limitandosi a far nascere più bambini, ma soprattutto promuovendo la nascita di nuovi genitori.

In dodici mesi, Generazione G ha creato una rete di supporto strutturata grazie ai fondi raccolti, che ammontano a oltre 800.000 euro. Questi fondi, frutto della collaborazione tra PRG Retail Group (che include Prénatal, Toys Center, Bimbostore, FAO Schwarz), Moige e i partner Chicco, Clementoni, Fater, MAM, Mattel e Okbaby, hanno già permesso di assistere 264 famiglie fragili, di cui il 70% alla prima gravidanza, in 29 città distribuite in 14 regioni italiane. Il programma ha visto anche la nascita di 42 bambini.

Alberto Rivolta, CEO di PRG Retail Group, ha espresso grande soddisfazione per i risultati ottenuti: “Siamo orgogliosi di celebrare il primo anno di Generazione G, un’iniziativa accolta con entusiasmo dalla comunità. Grazie al contributo dei nostri clienti, dei partner e del Moige, puntiamo a raccogliere un milione di euro per estendere il sostegno a 500 famiglie entro l’anno.” Rivolta ha sottolineato l’importanza del progetto nel contrastare la denatalità e nel sostenere le famiglie, con l’auspicio che anche altre realtà seguano questo esempio.

Generazione G ha erogato diversi servizi modulabili in base alle esigenze delle famiglie, concentrandosi principalmente sul supporto psicologico ed emotivo e sull’ascolto attivo. Questi interventi hanno aiutato a combattere la solitudine e la fragilità sociale, principali ostacoli alla genitorialità. Tra i servizi offerti, ci sono anche assistenza per visite mediche e commissioni, supporto nella gestione della salute del bambino e momenti di confronto tra genitori attraverso corsi, incontri, chat e gruppi di sostegno. Grazie ai genitori esperti coinvolti nel progetto, è stato possibile creare occasioni per condividere esperienze, come la “colazione delle mamme”, un incontro aperto per discutere gioie e sfide della genitorialità.

Il Moige ha giocato un ruolo chiave nella formazione dei genitori esperti, garantendo un sostegno di qualità e una rete efficace di supporto per le famiglie fragili. Antonio Affinita, Direttore Generale del Moige, ha dichiarato che il progetto sta avendo un impatto positivo sia a livello sociale che umano, contribuendo a rafforzare i legami tra le famiglie e le realtà locali.

Per molti genitori esperti, come Elisa Paladino, pedagogista e mamma di tre bambine, partecipare al progetto ha rappresentato l’opportunità di mettere a disposizione le proprie competenze professionali e personali per sostenere altre famiglie. Paladino ha sottolineato come l’iniziativa abbia permesso di creare momenti di condivisione e supporto per le mamme, offrendo loro un’occasione per sentirsi meno sole e più comprese.

La raccolta fondi continua nei circa 400 punti vendita e online di PRG Retail Group, con l’obiettivo di estendere ulteriormente il sostegno alle famiglie. Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito www.generazioneg.com.

Francone Wine, l’identità del Barbaresco

Sono andato in compagnia di un caro amico Sommelier professionista: Alberto Rabachin a trovare la Famiglia Francone.

E’ parecchio che cerco di incrociare il mio tempo ai tantissimi loro impegni, che occupandosi in prima persona di tutte le attività della cantina sono spesso impegnati tra potature, vendemmie, travasi, visite in cantina e ospitality.

Finalmente dopo un po’ di chilometri fatti tra le lussureggianti e scoscese colline delle Langhe, in silenzio e concentrati sull’ammirare il paesaggio lussureggiante e ordinato dove si alternano noccioli e viti arriviamo all’ingresso della Cantina Francone , proprio prima di uno dei cento borghi più belli d’italia: Neive.

Ad accoglierci c’è Valeria che si occupa del ricevimento degli ospiti da molto tempo nonostante la sua giovane età. Valeria conosce alla perfezione la storia aziendale, respira l’aria delle vigne e osserva crescere ogni anno i magnifici grappoli che rendono speciale questo posto, è un po’ una tutto fare e parla come se fosse li dà sempre. Il suo amore e la sua passione sono contagiosi difatti io e Alberto rimaniamo affascinati dai racconti, dagli aneddoti, dai segreti di queste terre che ci vengono raccontati dettagliatamente.

Ora li condivideremo con voi.

Questo è un racconto familiare tra storia e passione vitivinicola nelle Langhe. Una realtà che incarna l’essenza della tradizione vitivinicola piemontese. Fondata all’inizio del Novecento, questa cantina ha attraversato generazioni, crescendo e prosperando grazie all’amore per la terra e alla dedizione dei membri della famiglia. Oggi, a distanza di oltre un secolo, la cantina è un faro della viticoltura langarola non solo per i suoi vini di eccellenza, ma anche per la sua capacità di innovarsi senza mai dimenticare le sue radici. Le origini e il passaggio delle generazioni. La storia della Cantina Francone ha inizio negli anni ‘30 del secolo scorso, quando ancora si produceva vino sfuso che veniva poi venduto ai privati che se lo imbottigliavano da soli direttamente dalle damigiane acquistate. Fino agli anni ‘50 quando si decide di produrre direttamente le bottiglie con grande lungimiranza per quei tempi.

Giovanni Battista Francone, patriarca della famiglia e grande appassionato di vini francesi, dopo aver viaggiato e esser diventato enologo decise di dedicarsi alla produzione vinicola dei classici del territorio senza però nascondere la sua grande passione per lo Champagne conosciuto e apprezzato più volte direttamente oltralpe. In un’epoca in cui il vino veniva prodotto soprattutto per il consumo locale, Giovanni Battista intuì il potenziale della sua terra, piantando le prime vigne che avrebbero dato origine a vini capaci di competere su scala nazionale e internazionale. Il lavoro pionieristico di Giovanni Battista fu proseguito dai suoi figli e nipoti. Negli anni successivi vengono piantate vigne di Moscato, Chardonnay, Arneis e Nasceta per aver a disposizione anche una buona quantità di vini bianchi. Oltre al possedere fin dagli anni 50 alcune vigne nel comune di Barolo proprio di Nebbiolo e questo gli permette vinificandolo già da prima della formazione della DOCG di avere una licenza speciale per poter produrre, vinificare e affinare Barolo fuori dagli 11 comuni del disciplinare. Pochissime aziende possono vantare questo privilegio.

Ogni generazione ha lasciato il proprio segno, adattandosi ai cambiamenti del mercato e delle tecniche di vinificazione, ma sempre con un occhio di riguardo verso la qualità e la sostenibilità.

Oggi, la cantina è guidata dai fratelli Fabrizio e Marco Francone, che portano avanti l’eredità di famiglia.

E’ doveroso menzionare il papà dei due fratelli oggi al timone dell’azienda che si chiama Mauro Francone, suo è il merito di aver portato tante innovazioni come un lavoro in vigna molto più Green eliminando i diserbanti quando tutti li usavano 20 anni prima e aver deciso di investire sempre con maggior impatto sul territorio di Neive, difatti suo era il desiderio di unire al Cru Gallina quello di Albesani nel 2016 seguito da Fausoni e Starderi nel 2020. Un uomo di grande visione ma più di tutto un uomo di vigna, luogo dove passava gran parte del tempo tutti i giorni della sua vita. Il museo: un viaggio nella tradizione contadina All’interno della tenuta Francone si trova un piccolo ma affascinante museo, che rappresenta una vera e propria finestra sul passato. Passeggiare tra gli oggetti esposti è come fare un tuffo nella storia della viticoltura langarola. Si trovano cimeli di un lavoro contadino storico che fanno riflettere sulla provenienza dei macchinari del giorno d’oggi e su come trovassero il modo di effettuare azioni complicate con ingegno già 100 anni fa. Qui sono conservati attrezzi agricoli e vinicoli antichi, simboli di un tempo in cui la fatica manuale e la sapienza contadina erano alla base della produzione del vino. Il museo non è solo una collezione statica, ma un omaggio alla cultura contadina e alle radici di questa famiglia, che ha saputo unire tradizione e innovazione. Visitare questo luogo offre una comprensione più profonda del legame tra la terra e le persone, un rapporto che la famiglia Francone ha saputo custodire e valorizzare nel corso delle generazioni.

Il Barbaresco: l’anima della cantina Parlando di questa Cantina non si può non fare un approfondimento sul vino che meglio rappresenta la sua essenza: il Barbaresco. Prodotto esclusivamente con uve Nebbiolo, questo vino rosso si distingue per eleganza, complessità e capacità di invecchiamento.

Neive, insieme a Barbaresco e Treiso, è uno dei comuni d’elezione per la produzione di questo vino DOCG, e la famiglia Francone ha saputo interpretarne al meglio le caratteristiche. Il loro Barbaresco si distingue per la sua finezza aromatica e la struttura tannica equilibrata. I vigneti da cui provengono le uve sono coltivati con grande cura, con un approccio che combina tecniche moderne e rispetto per l’ambiente. L’attenzione e la selezione delle uve unita ai tempi di affinamento è ciò che consente a ogni bottiglia di Barbaresco Francone di rappresentare perfettamente il terroir unico delle colline di Neive.

Hanno vigne nei Cru: Gallina, Albesani, Starderi e Fausoni I Cru di Neive. Gioielli del Barbaresco Neive è celebre per i suoi cru, appezzamenti di vigneti che, grazie alla particolare composizione del suolo, all’esposizione e al microclima, offrono caratteristiche uniche ai vini. Tra i Cru più rinomati di Neive, la Cantina Francone si avvale di alcune delle migliori parcelle per la produzione dei suoi Barbaresco di eccellenza.

Uno dei Cru più prestigiosi di Neive è Gallina (e la famiglia ne possiede 7 ettari ben esposti a sud e le vigne hanno in media 55 anni d’età) noto per donare vini strutturati, potenti ma anche estremamente eleganti. Le uve provenienti da questa collina danno vita a un Barbaresco che si distingue per profondità e finezza, con aromi di frutta rossa, spezie e un piacevole accenno floreale. Il Barbaresco Gallina prodotto da Francone è l’espressione massima di questa terra, un vino che non smette mai di stupire per la sua capacità di evolversi con il tempo. Un altro cru importante di Neive è Albesani, una collina dalle caratteristiche geologiche particolari, che regala vini intensi e longevi, con tannini setosi e una complessità aromatica notevole. Il Barbaresco prodotto da questo Cru è raffinato, con un bouquet che spazia dalla frutta matura alle note balsamiche, con un equilibrio che solo le grandi denominazioni sanno esprimere.

La Passione per le Bolle

Giovanni Battista innamorato della Champagne è il primo produttore di bolle di Neive, nasce nel 1967 la prima bottiglia di Spumante Brut a base Chardonnay mentre è più o meno del 2003 la prima bolla metodo classico a base di Nebbiolo in versione Rosè, una scelta per esaltare ancor di più la territorialità. Una decina di anni fa nasce il Pas Dose, viene proposto come una sorta di riserva della cantina in memoria di Giovanni Battista che non era mai riuscito a farlo un po’ a causa del fatto che in quegli anni non era minimamente cercato ma rimaneva un suo grande desiderio. La scelta per il Pa Dosè è quella di usare 100% chardonnay, fermentazione lunga, dosaggio zero e diventerà nel breve ufficialmente Alta Langa.

Parlando di futuro

La Cantina Francone non ha mai smesso di guardare avanti pur rimanendo saldamente ancorata alle sue tradizioni. Negli ultimi anni ha investito nella modernizzazione delle strutture, adottando pratiche di sostenibilità in vigna e di risparmio di consumi inutili in cantina. Il rispetto per l’ambiente e per il territorio è una delle priorità della nuova generazione Francone. Una generazione che crede fermamente che solo un approccio sostenibile possa garantire un futuro adeguato e longevo alla viticoltura. Il percorso della Cantina Francone è la storia di una famiglia che ha saputo mantenere vive le proprie radici e che si è evoluta nel tempo. I loro vini, in particolare i Barbaresco provenienti dai Cru di Neive, sono un vero e proprio omaggio alla terra che li ha creati, un reale cammino attraverso i sapori e i profumi che raccontano l’anima delle Langhe.

Storia e innovazione di fatti nel percorso di affinamento di alcuni vini comincia ad entrare la presenza dell’anfora di terracotta, una scelta che dopo varie prove risulta vincente e dà lo start alla produzione di un nebbiolo fantastico affinato totalmente in Anfora e alla decisione di far fare un periodo anche ad alcuni Barbaresco. La terracotta permette ai vitigni di esprimere tutto il loro potenziale in ambito di profumi e di freschezza del frutto offrendo una valida alternativa all’acciaio e al legno. In conclusione, la Cantina Francone è non solo un simbolo di eccellenza enologica ma anche un esempio di passione e impegno familiare che portano alla creazione di un patrimonio culturale e vitivinicolo di grande valore.

Una visita a questa cantina è come un viaggio nel tempo e ogni bottiglia racconta una storia fatta di amore per la propria terra.

Alla fine della giornata insieme abbiamo aperto per festeggiare e salutarci un Barbaresco Riserva del 1967 che contro ogni rosea aspettativa si è dimostrato in fantastica forma, lasciato nel calice per un paio di ore, approfittando del pasto post intervista, abbiamo vissuto la sua evoluzione partita da una nota di liquirizia intensa che si è trasformata in fava di cacao tostata per finire con un fungo porcino inebriante. Incredibile il fatto che ci fosse ancora una bella acidità a sostenere il sorso e una persistenza infinitamente gradevole post deglutizione. Affascinati io e Alberto salutiamo la fantastica Valeria e i fratelli Fabrizio e Marco che ci hanno dato la possibilità di conoscere meglio una realtà meravigliosa che dura da cosi tante generazioni.

Con tanti spunti nuovi e un amor ancora più grande per questo territorio saliamo in macchina e torniamo verso Milano.

Articolo a cura di Merati Luca

Wine List Italia 2024, seconda edizione a Milano

Anche quest’anno torna a Milano dal 5 al 13 ottobre la Milano Wine Week. La settimana sarà ricca di eventi, momenti di condivisione, Masterclass, Talk e molti produttori di vino italiani gireranno per gli innumerevoli appuntamenti dedicati al pregiato nettare d’uva. L’intera programmazione si può trovare sul sito ufficiale dove sarà possibile anche registrarsi ai vari eventi e rimanere informati su tutte le iniziative.

C’è però un evento della quale vorrei parlare in modo più approfondito: si tratta della seconda edizione della Wine List Italia, organizzato dal preparatissimo e più che qualificato Sommelier Paolo Porfidio in collaborazione con lo staff di MWW e del patron Federico Gordini, supportato dal giornale Vendemmie.

Paolo grazie alla sua grande esperienza nel settore con la nuova edizione dell’evento Wine List Italia raduna ben 100 dei migliori Sommelier Italiani che rappresentano i ristoranti stellati e non, le enoteche, le trattorie, le mescerie più importanti sul territorio nazionale dove il vino ricopre un ruolo fondamentale.

Quest’anno si supera portando il numero di professionisti da 55 del 2023 a 100 nel 2024 e coprendo tutte le regioni italiane. Ogni sommelier porterà 10 referenze che lo rappresentano e che rappresentano il suo territorio e saranno divise per categorie:

-la scelta intelligente

-la scoperta del sommelier

-l’annata memorabile

-uno sguardo internazionale

-un assaggio di territorio

-le radici nel calice

-etichetta in rosa

-la scelta etica

-il vino al calice

-un dolce sorso

Il tema importante è riavvicinare la figura del Sommelier alle persone, facendo capire che non si tratta di una figura elitaria e distante ma di un valido professionista che grazie alla sua preparazione può suggerirci il miglior abbinamento cibo vino o semplicemente la bottiglia giusta per il nostro stato d’animo , il miglior calice dove degustare e la qualità prezzo perfetta per le nostre tasche. Insomma il sommelier si riscopre e si avvicina a tutti noi. Ora più che mai questa figura è ricercata da ristoranti e wine bar perché le persone sono sempre più curiose e apprezzano sempre più l’abbinamento tra un buon calice e un ottimo piatto.

L’evento si terrà domenica 6 ottobre dalle 15:00 alle 21:00 nei due palazzi: Bovara e Castiglioni.

Le novità di quest’anno:

50 sommelier internazionali che presenzieranno all’evento dando nuovi punti di vista e aprendo diverse prospettive per un futuro evento ancor più vasto.

Seconda edizione della guida Wine List Italia con il riassunto delle scelte di ogni singolo Sommelier e un breve racconto sul professionista stesso.

La possibilità di incontrare Produttori e Chef che saranno presenti nella Guida.

I professionisti presenti il Lunedi terranno delle Masterclass su grandi nomi del vino, grandi aziende, verticali importanti. Cosi ci sarà la possibilità di godere a pieno della presenza di grandi Sommelier e di conoscerli meglio mentre raccontano aziende leader italiane.

Sarà un grande evento con circa 1000 vini in degustazione, ci sarà la possibilità di farseli raccontare e di scoprire tante cose riguardo alle nostre etichette preferite o a quelle che volevamo provare ma non avevamo mai trovato l’occasione. Ci sarà entusiasmo e voglia di condividere. Ci saranno sorrisi e si berranno vini che ci stupiranno e ci faranno riflettere. Con questi presupposti non si può far altro che andare a vivere quest’esperienza.

Articolo a cura di Luca Merati (@merati_wine su Instagram)

Ecoeuro, grandi novità per rivoluzionare il settore delle autodemolizioni

La parola chiave per descrivere l’evoluzione di Ecoeuro è crescita. Questa azienda italiana, certificata ISO 9001:2015 dal 2019, sta rivoluzionando il settore delle autodemolizioni con un approccio innovativo e sostenibile. Specializzata nella gestione a 360° delle attività legate al fine vita dei veicoli, collabora con oltre 300 autodemolitori in tutta Italia e contribuisce al riciclaggio del 75% delle auto dismesse ogni anno nel Paese.

Ecoeuro, novità

Uno dei principali punti di forza di Ecoeuro è Systema Ecoeuro, un software gestionale che permette ai clienti di monitorare l’intero ciclo di vita dei veicoli fuori uso. Il sistema consente anche di tracciare e gestire i rifiuti in modo ottimale, riducendo l’impatto ambientale e favorendo il riciclo. L’azienda ha inoltre sviluppato un marketplace che mette in contatto utenti e centri di demolizione, facilitando la ricerca e l’acquisto di ricambi per veicoli dismessi.

Antonello Di Mauro, fondatore di Ecoeuro, afferma: “Rivoluzionare un’industria richiede coraggio e visione. A 25 anni dalla nascita dell’azienda, abbiamo costantemente evoluto la nostra immagine e i nostri servizi. Oggi puntiamo a diventare un punto di riferimento per tutti gli autodemolitori in Italia”.

L’azienda offre anche una consulenza strategica per la gestione dei veicoli a fine vita, fornendo supporto completo che va dalla documentazione fino al ritiro del mezzo. Inoltre, Ecoeuro è impegnata nella formazione professionale, con corsi sia in presenza che online, rivolti a professionisti e aziende del settore.

Un altro importante progetto di Ecoeuro è “L’Auto e l’Ambiente”, rivolto alle scuole, con l’obiettivo di sensibilizzare i più giovani sull’impatto ambientale delle autodemolizioni e sulle buone pratiche del riciclo. Di Mauro sottolinea inoltre l’importanza della cultura come strumento di cambiamento: “Organizziamo convegni ed eventi per promuovere una consapevolezza maggiore nel settore”.

Di recente, Ecoeuro ha tenuto l’evento “Gli Stati Generali delle Autodemolizioni” presso l’Autodromo di Monza, coinvolgendo esperti e accademici per sviluppare un vademecum su come gestire i veicoli fuori uso nel rispetto dell’ambiente.

Gardaland Magic Halloween, 26 giorni di divertimento ed esperienze inedite

Dal 3 ottobre al 3 novembre, per 26 giorni, Gardaland si trasforma per il tanto atteso evento Gardaland Magic Halloween, che quest’anno propone nuove esperienze immersive e personalizzate, pensate per divertire ogni fascia d’età e rispondere alle diverse esigenze del pubblico.

Gardaland Magic Halloween, l’evento

Le giornate saranno caratterizzate da un’atmosfera spaventosamente divertente, ideale per le famiglie, mentre le serate offriranno esperienze più intense e cupe, soprattutto durante i “Venerdì da paura”. In queste occasioni, speciali aree delimitate accoglieranno coloro che vorranno vivere l’adrenalina dell’horror più estremo.

Alcuni artisti del Parco, tra cui il celebre Prezzemolo, hanno inaugurato la stagione 2024 di Gardaland Magic Halloween, durante la quale vampiri, zucche, fantasmi e pipistrelli animeranno i viali del parco, accompagnati da nuovi spettacoli outdoor e show tematici. Gli ospiti potranno inoltre partecipare alle “Scary Zone” in due aree riservate, divertirsi con gli “Scary DJ Set” e godersi tutte le attrazioni del Parco.

Grande attesa per “WRECKAGE – The Horror Experience”, un nuovo labirinto che promette un’esperienza ‘in movimento’, estremamente immersiva, dedicata agli ospiti sopra i 14 anni alla ricerca di emozioni forti (accessibile con biglietto aggiuntivo).