
Conclusa la presentazione della terza edizione dell’Osservatorio Continental sulla Mobilità e sulla Sicurezza, che quest’anno ha analizzato gli scenari futuri dell’auto elettrica, per Timemagazine.it l’intervista in esclusiva ad Alessandra Ghisleri, direttrice di EuroMedia Research.
Alessandra Ghisleri, come sta la mobilità elettrica in Italia?
“La mobilità elettrica, secondo l’Osservatorio di quest’anno l’Osservatorio Continental 2021, ha intrapreso uno studio sulla mobilità elettrica. Diciamo che sta bene, non benissimo. Gli italiani molto curiosi ma desiderano ancora avere maggiori informazioni per poter rompere quei tabù che riguardano il costo dell’auto, la distribuzione di ricarica sulle strade, la possibilità di accedere anche ad un sistema di manutenzione delle auto semplici e tutte quelle che sono i vantaggi, la silenziosità dell’auto. E una delle cose che ha stupito anche i nostri interlocutori, coloro che avevano già provato un automobile, ad esempio la capacità di accelerazione simile ad una macchina endotermica dei modelli, ovviamente più potenti. C’è necessità comunicazione corretta e di informazione approfondita”.
Un dato interessante che traspare da questo Osservatorio è che le persone più ‘grandi’ sono più restie nei confronti questa novità…
“Dall’Osservatorio – spiega Alessandra Ghisleri – emerge che le generazioni baby boomer, quelli più adulti direi, sono un po’ più fermi sulle loro posizioni. Sono coloro che hanno un portafoglio più ampio rispetto ai più giovani per poter accedere più facilmente all’acquisto di un’auto elettrica, ma hanno dichiarato di essere in maggioranza meno interessati. Ancora vogliono la loro auto a benzina. Del resto, noi sappiamo che sono gli ultimi che si sono avvicinati a internet e ai social e poi ne sono diventati padroni. Se guardiamo la distribuzione su Facebook ormai sono per la maggior parte baby boomer. Bisogna avere un’informazione. Quindi, bisogna farli accedere facendo comprendere i vantaggi di questa escalation dell’elettrico. Anche perché prima o poi arriveremo ad avere solo macchine ad impatto zero”.
Secondo Alessandra Ghisleri, lo scetticismo si può battere solo con l’informazione e l
“No. Lo scetticismo non si può battere solo con l’informazione e la comunicazione. Sono strumenti utilissimi per costruire il percorso. Innanzitutto i test drive sono importantissimi. Perché nel momento in cui tocchi con mano e piloti un’auto di queste dimensioni puoi renderti conto dei vantaggi e degli svantaggio. Di ciò che conviene o meno. Quindi, diventa fondamentale la capacità di poter essere sul pezzo. E poi il rapporto è un gioco di squadra, anche le Istituzioni dovranno metterci la loro parte in questa situazione altrimenti rimarremo indietro”.
La mobilità elettrica concentrata nelle grandi città, forse è così per la società di oggi. Ma c’è una fetta da andare a prendere: la provincia…
“La provincia è un serbatoio inestinguibile. Più di 30 milioni di italiani maggiorenni vivono in provincia e, se pensiamo che siamo poco più di 50 milioni di maggiorenni allora ci rendiamo conto del valore della provincia. Sono molto curiosi, perché necessitano anche di un territorio che sia presidiato bene, non solo dal motore elettrico, ma anche dai servizi uniti all’elettrico. Per questo diventa ancora una volta importante il gioco di squadra. L’importanza è che costruttori, concessionari, consumatori e istituzioni si mettano tutti allo stesso tavolo per parlare della situazione”.
Ipotizzando che la mobilità elettrica possa divenire di massa chi deve muoversi per primo?
“Se vogliamo ipotizzare – sottolinea Alessandra Ghisleri – che diventi un consumo di massa, come poi nel 2035 dovrebbe essere, così come le case automobilistiche si sono poste questi obiettivi. Almeno le più grosse, le più importanti. E’ ovvio che per poter andare ad accedere a questo è necessario avere non solo un percorso ben definito, ma anche un sostegno. Quindi, dev’essere pianificato a tutti i livelli. Perché dev’essere il servizio che dev’essere accessibile, non dev’essere così costoso. E’ un sistema nuovo, abbiamo parlato di rivoluzione. Il problema è che la rivoluzione nasce già delle case automobilistiche, ma il percorso noi ci troveremo a doverlo affrontare. Per cui non è più se accettarlo o meno, ma come accettarlo. A quel punto, ovviamente, tradurre in una soluzione quelle che potrebbero essere ancora i gap di distanza del poter essere già ora e quello che sarà”.