
Un voto che sfida il lavoro e la cittadinanza
Nei giorni 8 e 9 giugno 2025, l’Italia si è recata alle urne per cinque referendum abrogativi che riguardano temi fondamentali: mercato del lavoro, sicurezza sul lavoro e accesso alla cittadinanza . Una tornata importante, ma segnata da un’affluenza troppo bassa per essere valida.
I cinque quesiti sotto la lente
- Licenziamenti ingiusti
Ripristinare il reintegro al lavoro per chi è stato licenziato senza giusta causa, abolendo le salvaguardie introdotte dal Jobs Act. - Indennizzo “equo”
Eliminare il tetto massimo di sei mesi di indennizzo nelle piccole imprese. Senza più limiti, l’importo verrebbe stabilito dal giudice. - Contratti a termine sotto controllo
Reintrodurre l’obbligo di giustificare i contratti a termine anche sotto i 12 mesi (causale), riducendo la precarietà. - Responsabilità sul lavoro negli appalti
Ripristinare la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore in caso di infortuni sul lavoro. - Cittadinanza più accessibile
Ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza legale per richiedere la cittadinanza italiana da parte di cittadini extra‑UE.
Dai quesiti ai numeri: un flop democratico
Nonostante il forte sostegno popolare — oltre l’80% per i diritti del lavoro e tra 65-70% per la cittadinanza — l’affluenza si è fermata al 30‑31%, ben lontana dal quorum del 50% richiesto per la validità del voto .
Per il governo Meloni è una vittoria politica: l’astensione è stata vista come un voto di sfiducia verso l’opposizione .
Che cosa cambia (o no)
Tema | Obiettivo del referendum | Esito effettivo |
---|---|---|
Lavoro | Più diritti e reintegri per licenziati | Ampio sostegno popolare, ma referendum nullo per bassa affluenza |
Cittadinanza | Ridurre i tempi per ottenere la cittadinanza | Opinione maggioritaria favorevole, ma proposta destinata a rimanere congelata |
Conclusione
Il Referendum 2025 ha rappresentato una spinta democratica su temi cruciali, ma la sua mancata validazione evidenzia una crisi di partecipazione politica . I leader progressisti chiedono una riflessione sul quorum e sulla capacità di mobilitare l’opinione pubblica