Consorzio Tutela Roero, promozione e valorizzazione del territorio

Riconosciuto nel 2014, il Consorzio di Tutela Roero spegne le sue prime dieci candeline. Lo fa con l’orgoglio di avere intrapreso un chiaro e ben definito percorso di valorizzazione e promozione del territorio, nella piena consapevolezza del valore dei suoi prodotti e di una specificità che lo distingue dal vicino Barolo, del cui Consorzio ha per lungo tempo condiviso il cammino. “La cifra del Roero è l’unicità - dichiara Massimo Damonte, presidente di Consorzio Tutela Roero - Abbiamo il privilegio di essere immersi in un contesto naturale di rara bellezza ad eccellente vocazione vinicola che esprime alta qualità sia nei vini bianchi che nei vini rossi”

Roero, fortunata biodiversità e tradizione enologica

Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, il Roero è una striscia di territorio compreso tra Langhe e Monferrato. Abbracciato da morbide colline, alterna vigneti a boschi e frutteti. Una incredibile biodiversità, della quale la coccinella stilizzata nel logo del Consorzio vuole essere una testimonianza. Case rurali e castelli rimandano poi a una lunga tradizione enologica e ad un antico passato del quale la nobile famiglia Roero è stata indiscussa protagonista. “Anticamente i Roero possedevano queste terre, da loro prende nome il territorio. La croce con tre ruote del carro, presente nel nostro logo, è un richiamo alla loro storia secolare

Un territorio dalla storia antica

Un territorio, il Roero, la cui storia affonda le radici in tempi lontani, si suppone che già un paio di millenni fa i vini del Roero viaggiassero in anfore per essere commercializzato. A gettare le basi della viticoltura sono stati però i Romani mentre agli ordini monastici dell’XI° secolo spetta il merito di averla rilanciata, con l’introduzione dell’alteno, dopo il crollo dell’Impero. “A caratterizzare il periodo medievale, la forza economica e l’ambizione delle principali famiglie signorili che possedevano i migliori terreni" Simboli del potere economico, vigneti e cantine definivano la gerarchia tra i vari casati.

Cantine dei castelli, antesignane delle moderne aziende agricole

E’ proprio nelle cantine dei castelli, organizzati come grandi aziende agricole, che la civiltà del Roero trova impulso verso l’evoluzione di corrette pratiche di vinificazione. Allo stesso tempo, il Medioevo segna l’introduzione delle leggi emanate in materia di salvaguardia e regolamentazione della produzione vitivinicola, le indicazioni delle superfici vitate nei catasti comunali, la nascita dei nomi dei singoli vigneti. Nel 1242, delle circa 60 giornate lavoro che vari consegnanti devono dare ai signori nel corso dell’annata agraria, quasi la metà sono destinate alla vigna o alla cantina.

XVI° e XVII° secolo, la vigna sostituisce l’alteno

Ma è con l’avvento dei Savoia, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, che la produzione vitivinicola avvia un progressivo consolidamento, caratterizzato dalla sostituzione dell’alteno con sempre più vasti appezzamenti destinati a pura vigna. Un percorso bruscamente interrotto, a cavallo della seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, dall’arrivo di patologie sconosciute come odium, peronospora e filossera. Il Roero risponde con la coltivazione e la commercializzazione delle uve da tavola e l’introduzione della coltivazione del pesco, nasce così la frutticoltura.

Arrivano momenti difficili, la coltivazione della pesca spunto per ripartire

"L’arrivo della filossera - rammenta Massimo Damonte - è stato un momento drammatico, l’economia legata alla viticoltura si è azzerata. Ma la lungimiranza di alcuni agricoltori ha consentito di valorizzare le nostre terre collinari, capaci di dare ai frutti una qualità superiore” La coltivazione della pesca diventa così lo spunto per ripartire, coloro che vi investono triplicano i loro fatturati. “Qualcuno le esportava all’estero, al mercato di Canale arrivavano compratori da tutta Italia per acquisire il prodotto, lavorarlo e poi spedirlo in tutto il mondo. Il pesco ci ha insegnato a pensare in grande, ci ha introdotto alla internazionalità dei mercati

Odium e peronospora, banco di prova

Di quel periodo sono rimaste comunque tracce, anche importanti. “Odium e peronospora hanno rappresentato un banco di prova. Hanno portato ad una naturale selezione dei vitigni, ne è scaturita una migliore viticolturaDella lotta alla peronospora sono testimonianza, ancora viva, i ciabot. Esempio di architettura contadina, erano utilizzati durante il periodo dei trattamenti con il verderame utilizzato per combatterla. “Erano casette di pochi metri quadrati posti nei vigneti per convogliare l’acqua da utilizzare durante i trattamenti. E un rifugio a disposizione del contadino sorpreso dal temporale” Oggi, restaurati ed abbelliti, sono vocati alla ospitalità e al turismo del vino.

Novecento, si fa largo la visione imprenditoriale

Superato l’incubo delle patologie “americane”, il Roero si avvia verso una moderna imprenditorialità. “La libera imprenditoria nasce nel Novecento, le famiglie cominciano a produrre privatamente. Poi, lentamente, approcciano una visione imprenditoriale. Spesso sospinte da fattori e mezzadri delle grandi tenute che, per una serie di cambi generazionali, si sono trovati quasi per caso a diventare proprietari con pochissimi soldi, quasi per usucapione” Un cambio di marcia che sospinge il Roero verso la specificità. “La denominazione comprende sia vini bianchi che vini rossi, una caratteristica che hanno poche zone vitivinicole”

Territorio in crescita, le nuove leve investono

Attualmente la produzione si attesta sui 7,5 milioni di bottiglie prodotte, con una propensione verso gli otto milioni. “La percentuale di crescita - precisa il Presidente di Consorzio Tutela Roero - si aggira intorno al 9%. Ci sono giovani, provenienti da famiglie di viticoltori o che hanno studiato enologia, che credono molto nella denominazione. Tecnicamente il Roero potrebbe triplicare, la politica del Consorzio si basa sulla programmazione di quote di crescita controllata dei vigneti per rispondere ai segnali positivi del mercato”

Roero Bianco DOCG, aromaticità e bevibilità

Secondo quanto stabilito dal disciplinare, il Roero Bianco DOCG è ottenuto da uve Arneis per un minimo del 95%. La restante parte dell’uvaggio è composto, fino a un massimo del 5%, da uve provenienti da vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione in Piemonte. E’ prevista sia la versione Riserva, attribuita dopo 16 mesi di affinamento, sia la tipologia Spumante. I suoli sabbiosi di origine marina che caratterizzano il territorio trasmettono al vino note aromatiche di frutta esotica e concorrono a conferire una grande freschezza e bevibilità.

Roero Rosso DOCG, struttura mai invadente

La denominazione Roero Rosso Docg è invece riservata ai vini ottenuti da uve Nebbiolo per un minimo del 95% ma possono concorrere, fino a un massimo del 5%, uve provenienti da vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte. In questo caso, i suoli sabbiosi conferiscono al vino fragranza, finezza ed eleganza, con una tannicità contenuta. Vino strutturato ma mai invadente, affina le sue caratteristiche con l’invecchiamento (anche di parecchi anni). E’ prevista la tipologia Riserva, attribuibile dopo 32 mesi di affinamento.

Arneis e Nebbiolo, vitigni secolari

L ’Arneis è coltivato nel Roero da sempre, le prime tracce scritte risalgono alla fine del XV° secolo. Nel Settecento se ne parlava come di una tra le uve più qualitative, al pari del Moscato. Coltivato come uva da tavola a seguito della crisi della viticoltura del XIX° secolo, solo negli anni ’70 del secolo scorso è stato riscoperto come grande vino bianco. Del Nebbiolo, citato per la prima volta con riferimento al Roero all’inizio del XIV° secolo, si trovano tracce scritte già alla fine del XIII° secolo. “Sin da allora il Nebbiolo era molto apprezzato per la sua facile beva e il gusto fruttato derivante dai terreni sabbiosi nel quali era prodotto”

Crescita della denominazione, si punta all’incremento della produzione

Caratteristica peculiare del Roero è, infatti, l’altissima presenza di sabbie che, oltre a conferire eleganza e morbidezza ai vini, rende i vitigni maggiormente soggetti al drenaggio delle acque. Per contrastare il calo di produzione conseguente alla siccità che ha contraddistinto gli anni recenti, che in alcune zone ha raggiunto anche il 30%, ogni anno il Consorzio Tutela Roero mette a disposizione complessivi 30 ettari da impiantare, distribuiti tra i produttori che ne fanno richiesta. “Vogliamo rispondere alle crescenti richieste del mercato, garantendo ai produttori una tutela in termini di prezzi di vendita”

Una spiccata identità, equilibrio trovato

L’obiettivo resta comunque la promozione e valorizzazione dei due vini nei quali si articola la denominazione conseguita nel 2004. La produzione è però prevalentemente incentrata sul Roero Bianco DOCG che rappresenta il 90% di quanto il territorio esprime. “L’esplosione commerciale dell’Arneis ci ha indotto a trovare un equilibrio per riuscire a promuovere il territorio. Ci siamo staccati dal Consorzio del Barolo e Barbaresco semplicemente per portare avanti politiche promozionali completamente diverse”

Comunicare la denominazione, l’obiettivo

Resta da affrontare la frequente “regionalizzazione” del mondo del vino. La presenza dei vini di un territorio, nella carta vini di un ristorante, spesso non oltrepassa i confini regionali. “Ad eccezione del ristorante di pregio della grande città, è difficile che un ristorante, fuori dal Piemonte, abbia in carta più di una referenza di Arneis” Per questo motivo, il Consorzio Tutela Roero punta sulla comunicazione. “Roero Days - conclude Massimo Damontevuole comunicare il lavoro che c’è dietro ogni bottiglia di vino e portare gli addetti di settore nel nostro territorio. Sarebbe un valore aggiunto”

Il programma della giornata

Il programma della giornata prevede il banco d’assaggio con la possibilità di degustare oltre 500 Roero Docg, due laboratori di degustazione condotti, tra gli altri, da Daniele Cernilli e Adua Villa durante i quali verranno proposte altrettante verticali di Roero Bianco e Roero Rosso, un convegno sul territorio roerino con la presentazione, nella sala del Parlamentino, del nuovo volume “Il Roero, terra del Nebbiolo e dell’Arneis”, l’esposizione delle proposte artistiche finaliste del concorso indetto per la creazione delle nuove etichette istituzionali con la premiazione del vincitore Bruno Casetta.