Fabio Anobile, classe 1993 originario di Saronno, è uno di quegli atleti o meglio artisti che è riuscito a riprendersi da una forte ricaduta. La sua passione per il ciclismo nasce a 14 anni, quando un signore del paese lo convinse a avvicinarsi alle due ruote nonostante lui in quegli anni giocasse a calcio.

Anobile, ci racconta i primi momenti?

"All’inizio ero spesso demoralizzato, perché la categoria Allievi, dove mi iscrissero dal primo anno, era ed è una categoria dove si inizia a fare sul serio, e quindi avevo difficoltà. Però devo dire che tra tutti i ragazzi che correvano con me, oggi sono l’unico che è ancora in sella alla propria bicicletta"

Ma cosa si ricorda di quell'incidente a 10 anni di distanza, e quanto  è stata dura ritrovare la condizione? 

"Di quel lontano 3 novembre 2010 quello che ricordo è una macchia nera: ricordo solo di esser stato travolto da un trattore e poi di essermi risvegliato in un letto di ospedale con un mega ferro avvitato alla mia gamba. Ripartire non è stato per niente facile, mi ricordo che uscivo facevo 7/8 km e rientravo a casa con dolori e fatica. Però piano piano sono riuscito a superare sia il dolore che la fatica e ho ripreso alla grande".

Il 2016 è stato un anno importante, con i giochi olimpici di Rio, qual è stata la prima frase che ha detto all'ingresso del circuito che ricorda, un’emozione?

"Il 2016 fino ad oggi è stato l’anno più bello della mia carriera. Già la sola partecipazione ai giochi olimpici sarebbe stata per me una cosa strepitosa, essere riuscito poi a conquistare una medaglia olimpica di bronzo ha reso il 2016 un anno indimenticabile. Quando iniziai a girare sul percorso la tensione era sempre più alta, però ero contento perché constatai che il profilo si addiceva alle mie caratteristiche e sapevo di poter far bene, quindi mi dissi “devo mettercela tutta, qui si corre una volta sola”.

Quanto  è stato importante trovare il gruppo del Paraciclismo ? 

"Trovare questo gruppo per me è stato come trovare una seconda famiglia: lo staff, i compagni di Nazionale, tutte le persone… oltre ad accogliermi mi hanno anche aiutato a ripartire, perché sono persone che capiscono veramente quali sono i veri problemi della vita. A Rio ho visto atleti che mangiavano con i piedi e ho pensato che servirebbe a tutte le persone avvicinarsi al mondo Paralimpico, soprattutto a quelle che davanti a una prima difficoltà si fermano e tornano indietro".

Ma il ciclismo si può definire una forma di rinascita?
"Diciamo che può essere una parte importante, uno stimolo per rialzarsi e ripartire. A me ha aiutato molto sia a livello fisico per la riabilitazione che a livello mentale".

Per finire, al giorno d'oggi si allena con alternative al ciclismo?

"No, io pratico ciclismo come professione quindi a tempo pieno, non faccio nessun’altra attività oltre la bici e non credo che le farò nemmeno in futuro".

Intervista di Leonardo Serra