È inutile negare che la sicurezza – oggi – per chi naviga sul web sia uno degli aspetti più importanti da considerare. Lo sanno tutti, dalle aziende agli utenti: ad oggi non si scherza più, in un contesto cybercriminale che ha esteso incredibilmente i suoi orizzonti ed allargato i suoi confini in maniera tanto più esponenziale dopo la crisi pandemica da rendere difficile un pronostico alla vigilia del 2020. Ad oggi la situazione è completamente mutata, con l’aumento considerevole del tempo trascorso online dagli utenti, per le più svariate attività: su 7,91 miliardi di individui, due terzi utilizzano un cellulare e quasi cinque miliardi navigano sul web.  Sono dati recenti, relativi all'anno 2022, ma in costante aumento.

Quali sono i cyber-crimini più comuni? Si va dal cyberstalking al phishing, reati vari che partono dal comune furto di dati fino ad arrivare ad autentici furti di identità. Sempre più comuni e sempre più difficili da arginare. Perché fattivamente, per arginare questi reati informatici, ci sono poche strade da percorrere. Quali hanno scelto le aziende, le prime e più importanti entità soggette al crimine informatico e alle frodi via web? Aumentando gli standard minimi di sicurezza ma soprattutto adeguandosi a livello normativo e giuridico. Non è un caso che da poco meno di un anno sia stato sottoscritto un secondo protocollo, addizionale alla Convenzione di Budapest, dal valore di trattato internazionale: in questo secondo protocollo è emersa la necessità di avere maggiore cooperazione, tra autorità statali e private, contro i reati informatici. Finalità principale resta il contrasto alle attività illegali, ivi comprese quelle che si svolgono nel Dark Web, allargabili comunque ad altri contesti.

L’intesa raggiunta verte soprattutto sulle procedure di emergenza per velocizzare l’intervento delle autorità competenti degli Stati firmatari dell’accordo – tra cui l’Italia – in casi particolari come rischio vita o sicurezza individuale. Il protocollo individua – negli articoli sette ed otto – le modalità con cui richiedere, da parte delle autorità statali, informazioni agli internet provider. Agli Stati una doppia responsabilità: gestire le procedure, ovviamente, ma soprattutto ammortizzare le discipline interne e le norme di attuazione del piano. Il tutto con la cooperazione tra privati, in questo caso le aziende.

Chi sono coloro che soffrono meno il cybercrime? Le aziende che cooperano. Un’indagine di settore, pubblicata da ItisMagazine, ha testimoniato come le aziende che riescono meglio a fronteggiare i crimini informatici siano quelle in cui c’è più distensione interna. Il crimine informatico trionfa laddove sussistono tensioni interne, anche in termini di visioni differenti fra i diversi comparti delle imprese, che siano esse le policy di sicurezza o il piano di interventi da attuare. Il tutto è legato a problemi di comunicazione tra i vari livelli delle aziende, che soffrono forse anche in alcuni casi un budget di security troppo ridotto. In realtà strutturate più fragili il cyber-crime trionfa. Prima del protocollo e del coordinamento, dunque, è necessario abbracciare all’unanimità la lotta contro i pericoli dei crimini informatici.