Poco tempo fa sono andato a visitare La Travaglina Vini, un’azienda che nel corso delle ultime due generazioni sta facendo un grandissimo lavoro per dimostrare che in Oltrepò Pavese non si parla solo di quantità ma anche di eccezionale qualità.

In Oltrepò secondo una stima del Consorzio a oggi ci sono 13500 ettari vitati, numeri pazzeschi a pensarci bene. Qui la vite è presente secondo diverse testimonianze storiche da più di 2000 anni. Venne menzionata da un famoso geografo greco, Strabone, che disse: “Vino buono, popolo ospitale e botti in legno molto grandi” riferendosi alla zona dell’odierno Oltrepò Pavese.

Ad accogliermi c’era Stefano. Ormai ci conosciamo da circa 3 anni: il nostro primo incontro avvenne al Siena Wine Festival, quasi per caso. Dopo aver assaggiato i vini che portava in degustazione, premiati dalla giuria del Merano Wine Festival, rimasi colpito dalla qualità, peculiarità, e caratteristiche olfattive e gustative nonostante il calice poco valido di quel girono. Rimasi in parola con lui di andare a trovarlo ma per svariati impegni non lo vidi più fino all’anno successivo alla stessa manifestazione, a Siena. I suoi vini mi colpirono nuovamente perciò alla fine mi sono organizzato per andare da lui in azienda.

La Travaglina è guidata fondamentalmente da tre persone: Elisabetta Dacarro, agronoma dell’azienda, che si occupa del benessere delle viti, del suolo e dell’ecosistema. Esperta nella gestione di qualsiasi problema in vigna e abile nel lavorare nel pieno rispetto della natura e della pianta garantendo ogni anno la perfetta maturazione e la sanità delle uve vendemmiate. Inoltre gestisce tutta la parte amministrativa e burocratica. Stefano Dacarro, laurea in chimica con 110 e lode, fratello di Elisabetta e cantiniere di grande esperienza. Lui gestisce le uve vendemmiate, tutte le operazioni di cantina, gli affinamenti nei diversi contenitori (acciaio, legno, cemento), le fermentazioni degli spumanti e i vari travasi e imbottigliamenti. Ha cominciato a vivere la cantina col padre a 14 anni e ora all’età di 55 anni la sua preparazione e conoscenza è irraggiungibile. Infine Stefano, marito di Elisabettam che si occupa della parte commerciale in Italia e all’estero ma all’occorrenza tuttofare sia in vigna che in cantina visto la conduzione famigliare dell’azienda. Stefano, anche lui cresciuto fra le vigne, non si limita a conoscere perfettamente i suoi vini, ma degusta spesso e volentieri altre referenze per rimanere sempre aggiornato e per capire quale vino è adatto ad una specifica situazione. Questa passione per la degustazione e il confronto è caratteristica di tutta la famiglia: ciò li aiuta a restare aggiornati e a essere stimolati a fare sempre meglio. Si avvalgono anche dell’aiuto di due giovani ragazzi che danno una mano a fare tutte le operazioni in azienda.

La storia di questa bellissima realtà e di questa famiglia inizia nel 1966 quando il nonno di Elisabetta e Stefano compra per i figli Cascina Travaglina che come costruzione risaliva circa al 1600 e intorno aveva già alcuni vigneti. Il papà di Elisabetta, Giorgio aveva studiato Enologia ad Alba negli anni 50 e insieme al fratello Sergio avevano una Vineria a Milano negli anni 60/70 dove vendevano vino comprato in tutte le parti dell’ Oltrepo e poi da loro imbottigliato. Grazie all’acquisto della cascina fatto dal nonno cominciarono a produrre ed imbottigliare anche il proprio vino. Durante gli anni 70 mantenerono entrambe le attività, fino al passaggio generazionale dove la parte di famiglia di Sergio decise di lasciare il mondo del vino, al contrario quella di Giorgio con Elisabetta e Stefano si presero in mano la gestione delle vigne, della cantina decidendo di sacrificare la Vineria ma imponendosi una rivoluzione della gestione basata sulla produzione di vino di alta qualità solo dalle proprie vigne senza comprare più nulla dalle altre parti. E’ proprio in questo momento che Elisabetta chiede a suo marito Stefano di entrare a far parte dell’organigramma aziendale per formare un nuovo Dream Team.

Quello che mi ha colpito subito quando li ho conosciuti è stata l’umiltà e la modestia che hanno, sono persone di poche parole ma educati e gentili, parlano con termini semplici cosi da permettere a tutte le persone anche quelle non del settore di capire e conoscere il loro lavoro e la loro filosofia. Parlando proprio di filosofia aziendale e di vita, La Travaglina ha investito molto sul rendere il proprio lavoro sostenibile da tanti punti di vista: mel 2021 hanno cominciato la conversione ad azienda biologica e nel 2024 riporteranno la certificazione direttamente sulle loro bottiglie. Hanno montato pannelli solari sui tetti della proprietà per produrre fino a 30 kw di energia elettrica da utilizzare per le procedure di cantina e per l’illuminazione aziendale. Hanno quasi terminato un sistema di convogliamento di acque piovane per azzerare i consumi di acqua per i trattamenti dell’agricoltura biologica che ha molto più consumo di quella tradizionale.

Sui loro terreni non c’è presenza di erbicidi da prima degli anni ‘90. Sono iscritti in FIVI dal 2022 Hanno concentrato tutte le loro energie nel cercare di avere le uve più sane possibili e questo gli ha permesso di dimezzare la quantità di solfiti utilizzati nel vino arrivando al di sotto della metà dei livelli consentiti per legge. Inoltre l’alta qualità delle loro uve gli ha permesso di dar vita a un progetto dedicato a una Barbera senza solforosa aggiunta in nessun passaggio, nè in cantina, nè alla vendemmia, nè all’imbottigliamento. Creando un vino perfettamente adatto anche a chi è allergico ai solfiti. Ecco, queste sono alcuni dei tasselli che compongono questa bellissima azienda.

Il Panorama collinare che si vede dalla cascina è mozzafiato, le vigne in grossa pendenza si perdono a vista d’occhio e la mente si rilassa, i profumi di erbe spontanee sono inebrianti e a volte si possono scorgere correre tra i filari diversi animali. Tutto disegna un quadro di pace e serenità che ammorbidisce anche le giornate più dure. Stefano, Elisabetta e suo fratello sono dei lavori instancabili perché riescono a gestire tutti i loro 30,5 ettari con gran dinamismo e tenacia oltre a mostrare una gran conoscenza dei vitigni e di come prendersene cura in maniera personalizzata ed efficace. In azienda hanno: Pinot Noir a far da padrone, Chardonnay, Croatina, Barbera, Pinot Grigio, Riesling Italico, Cortese. Ogni vitigno è stato scelto e piantato negli anni con intelligenza e con la giusta esposizione alla giusta altezza cosi da permettere alle uve di maturare nei tempi esatti e nel migliore dei modi. Gli ultimi anni sono stati una boccata d’aria per le aziende che hanno deciso di promuovere vini di alta qualità in Oltrepò Pavese, in quanto l’unione di diversi produttori con ambizione e voglia di rivalsa ha portato alla creazione di tanti eventi che danno la possibilità a chi non conosce bene il territorio o a chi se n’è fatto un idea sbagliata di assaggiare e degustare i loro vini ricredendosi e godendoseli. Un focus in particolare lo stanno facendo sul Pinot Nero che in questa zona cresce molto bene e dà tante soddisfazioni ai produttori, contando che il 75% della produzione italiana è dislocata proprio in queste aree. I premi e i riconoscimenti non tardano ad arrivare come per esempio La Travaglina ha diversi vini premiati con diverse medaglie , dalla rossa alla oro, dalla giuria del Merano Wine Festival.

Mentre facciamo la nostra chiacchierata stappiamo qualche bottiglia. Partiamo da RUGIADE, un Riesling diretto e affilato, sapido e profumato che fa solo acciaio. Corpo medio che invoglia tanti abbinamenti dal pesce a una zuppa di verdure miste fino ad un’insalata. Poi passiamo ad assaggiare LA RIVOLTOSA, Barbera senza solfiti aggiunti, è un succo di frutta, gusto pieno, acidità spumeggiante, senza difetti, profumata di ciliegia e mora fresca. Mi lascia senza parole...inaspettata ma pericolosa per la sua beva compulsiva. E’ il momento di un’altra sorpresa: IL PSEI , una Croatina in purezza che fa 18 mesi in Barriques di rovere francese, il vino non è per niente marcato dal legno anzi risulta molto equilibrato e gestito. Il varietale è evoluto e complesso e berlo affiancato a una bella bistecca lo rende irresistibile. Infine arriva il momento dei due Pinot Noir in purezza, CASAIA affinamento in Legno di rovere francese per 12 mesi, mille attenzioni per la sua produzione di fatti vengono scelte uve solo da un Cru il cui nome è proprio CASAIA ed è particolarmente vocato. Ogni anno è sempre più fine, forse perché il figlio di Stefano ed Elisabetta ha studiato in Borgogna e fatto esperienza li e in Oregon e pur lavorando ancora in Borgogna si può confrontare e scambiare consigli in modo che il risultato sia sempre Migliore. TARAMAS invece è un Pinot Noir che fa 12 mesi di acciaio per rimanere profumato e sprigionare il frutto al meglio, tappo a vite per questo vino giovane e dinamico. Il VIGNA DELLE ROCCHE invece è il loro Cortese che fermenta e affina quasi un anno sulle fecce fini in barriques di rovere francese usate, un vitigno che continuo a sostenere abbia delle grandi potenzialità di invecchiamento. Provato una mini verticale 2014/17/19 e devo dire che ero entusiasta della bella evoluzione. Vino pieno e corposo con sorso soddisfacente. Poi ci sono le loro Bollicine, 3 Metodo Classico e 1 freschissimo Charmat. I Metodo Classico variano da 36 a oltre 120 mesi sui lieviti e sono 2 Pinot Noir 100% e 1 con un 10% di Chardonnay. Sono delle vere chicche perciò non svelerò molto ma vi lascerò i contatti per poterli raggiungere e scoprire i loro vini uno ad uno: www.latravaglina.it info@latravaglina.it +39 0383899195

Per finire mi sento in dovere di aggiungere un mio parere personale: a volte pensiamo che il vino sia solo una bevanda da bere soli, in compagnia, al pasto o in relax ma per rimanere sorpresi, entusiasti, ammaliati bisogna conoscere un po' di ciò che si nasconde in quel calice. Quando ho visto le pendenze dove vendemmiano, la fatica sulla loro fronte, i muscoli delle braccia che sollevano le cassette piene d’uva, le temperature sotto le quali potano i loro vigneti, al gelo in inverno e al sole cocente d’estate ho capito che in quel calice c’era di più. Quando li vedo sorridere perché il grappolo è perfetto, i chicchi sono succosi e le foglie della vite verdi perché ha piovuto proprio quando si pensava andasse tutto male allora capisco che in quel calice c’è di più. Quando non dormono perché arriva la tempesta e forse la grandine e gli occhi guardano il cielo sperando di non perdere un anno di fatica allora capisco che in quel calice c’è di più. Quando guardo queste persone che portano avanti un azienda a conduzione famigliare allora capisco cosa c’è realmente in quel calice e perché un calice non mi basta.

A cura di Luca Merati
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